"The recurrence of geophysical manifestations at the Campi Flegrei caldera"
La rivista scientifica Science Advances ha pubblicato i risultati di una nuova e rilevante ricerca internazionale che offre un'inedita chiave di lettura sui meccanismi alla base dei ricorrenti episodi di deformazione del suolo e attività sismica nella caldera dei Campi Flegrei, una delle aree vulcaniche più densamente abitate e attentamente monitorate al mondo.
Lo studio, intitolato "The recurrence of geophysical manifestations at the Campi Flegrei caldera", è stato coordinato dalla professoressa Tiziana Vanorio della Stanford University e ha visto la partecipazione attiva del gruppo di sismologia del Dipartimento di Fisica dell'Università di Napoli Federico II, con il contributo scientifico della dottoressa Grazia De Landro.
Attualmente interessata da una nuova crisi bradisismica – con sollevamenti del suolo fino a 3 cm al mese e sismi di magnitudo superiore a 4 – l'area flegrea è stata oggetto di un'indagine multidisciplinare che ha integrato geofisica, fisica delle rocce e idrogeologia. La ricerca confronta i dati dell'attuale episodio di unrest con quelli registrati durante la crisi del 1982–1984, evidenziando sorprendenti analogie nei segnali geofisici, come velocità sismiche e distribuzione degli eventi sismici nel tempo.
Uno degli aspetti più innovativi del lavoro è l'identificazione, a 2–4 km di profondità, di un serbatoio di gas confinato da una copertura rocciosa ("cap-rock") la cui capacità di autoriparazione è stata dimostrata per la prima volta in laboratorio. Attraverso esperimenti condotti in condizioni idrotermali, i ricercatori hanno osservato una rapida cementazione fibrosa che conferisce al sistema una reologia duttile, facilitando l'accumulo e il rilascio ciclico di energia di deformazione.
Secondo i risultati, è proprio il processo ripetuto di ricarica e pressurizzazione di questo serbatoio – guidato dall'aumento della pressione dei fluidi – a poter spiegare le progressive deformazioni del suolo e la migrazione della sismicità verso profondità maggiori, così come osservato negli ultimi mesi.
Il riconoscimento di pattern ricorrenti e la loro interpretazione attraverso un modello idro-meccanico rappresentano un significativo passo avanti nella comprensione dei processi che regolano l'attività vulcanica nell'area. Le nuove evidenze scientifiche potranno contribuire a rafforzare le strategie di monitoraggio e a migliorare gli strumenti di previsione e gestione del rischio in un contesto ad alta esposizione e vulnerabilità.
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