I pipistrelli 'fanno amicizia' anche tra specie diverse
I pipistrelli "fanno amicizia" anche tra specie diverse quando crescono assieme. La specie, quindi, non verrà più vista come un confine indissolubile dentro il quale si manifestano comportamenti sociali. Lo dimostra uno studio realizzato da un team di ricercatori, a firma di Leonardo Ancillotto della Sapienza di Roma e diretto da Danilo Russo del Dipartimento di Agraria dell'Ateneo federiciano.
Una scoperta sul comportamento animale che apre un capitolo nuovo nella comprensione dell'etologia dei mammiferi e non solo.
La ricerca è stata condotta sui pipistrelli, che a causa della loro complessa socialità offrono un modello importante di analisi. Fino a oggi si riteneva che l'associazione tra specie nelle colonie di pipistrelli fosse semplicemente guidata da simili esigenze di temperatura e umidità, ma il nuovo studio suggerisce che le aggregazioni di più specie possano invece essere il risultato della prossimità tra neonati di specie diverse, che le madri partoriscono nei medesimi rifugi e che quindi hanno modo di interagire tra loro creando legami molto stretti. Sarebbero poi questi legami a portare specie differenti a condividere i medesimi rifugi, generazione dopo generazione. Per arrivare a questa conclusione, i ricercatori hanno manipolato sperimentalmente le relazioni tra individui in cattività, allevando in gruppi misti pipistrelli neonati di specie diverse. Una volta indipendenti, si è visto che i soggetti cresciuti assieme interagiscono tra loro preferenzialmente e che la loro specie di appartenenza non influenza l'intensità di queste relazioni. In altri termini, l'esperienza di crescita comune, insomma l'essere stati "compagni di banco" in età assai precoce, porta allo sviluppo di legami e comportamenti sociali che, sorprendentemente, valicano i confini specifici, realizzandosi così una vera e propria socialità tra specie unicamente dovuta ai contatti avutisi da neonati.
Il lavoro, frutto di una cooperazione tra la Federico II, la Sapienza di Roma e l'Università di Bristol, è stato pubblicato sulla prestigiosa rivista Behavioral Ecology e ha ricevuto copertura mediatica da parte di National Geographic.
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