Così un vecchio farmaco in versione 'nano' combatte i tumori

Di nanotecnologie e nanocomposti si sente parlare spesso, senza che tuttavia si abbia la percezione di cosa potrebbero davvero rappresentare per la vita di tutti noi. Eppure ci sono ambiti come la medicina in cui i farmaci in versione nano stanno conquistando la fiducia dei medici e dischiudendo grandi potenzialità.
È il caso di uno studio condotto da due ricercatori napoletani, Michele Caraglia e Giuseppe De Rosa (rispettivamente della seconda Università e dell'Università Federico II), insieme con Carlo Leonetti, dell'Istituto Regina Elena di Roma, grazie anche a un finanziamento dell'Associazione italiana per la ricerca sul cancro.
«Da tempo ci sono indicazioni sul fatto che un farmaco molto conosciuto, l'acido zoledronico, consigliato contro l'osteoporosi ma anche contro le metastasi ossee e capostipite di un'intera famiglia (quella dei bifosfonati), possa avere un effetto antitumorale» spiega Caraglia.
«Lo si è visto negli animali e lo si spiega anche dal punto di vista molecolare, poiché esso blocca in modo definitivo un oncogene.
Tuttavia, dal momento che si localizza in modo preferenziale nell'osso, la sua azione antitumorale, finora, è sempre stata blanda e temporanea, al punto da non poter essere sfruttata a fini terapeutici. Per questo abbiamo pensato che una sua versione nano potesse
portare a un miglioramento delle caratteristiche chimico-fisiche e quindi a un composto utilizzabile come vero antitumorale».
La ricerca di una formulazione più utile ha portato quindi a sviluppare nanoparticelle. Spiega De Rosa: «L'acido zoledronico in forma nano riesce a non accumularsi nell'osso e ad andare in modo preferenziale nelle cellule tumorali grazie alle caratteristiche dei vasi di queste ultime, più permeabili rispetto a tutti gli altri. Il risultato, negli animali, è un'evidente diminuzione della crescita tumorale. Per ora, inoltre, le nanoparticelle hanno mostrato non solo di non avere effetti collaterali in genere, ma anche di non causare il più temuto (ancorché raro) degli eventi indesiderati: un danno gravissimo all'osso della mascella».
Per ora i risultati più importanti riguardano il tumore della prostata, ma il gruppo di Napoli sta già studiando come sfruttare le nanoparticelle per passare la barriera che avvolge il cervello e curare così metastasi e tumori oggi difficilissimi da raggiungere.
E sta cercando partner per la sperimentazione nei pazienti, che potrebbe essere rapida, perché del farmaco, in uso da anni, si conosce già molto.
di AGNESE CODIGNOLA
da Venerdì di Repubblica
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