Messaggerie Orientali: 'un viaggio' tra gli Amerindi di Flavia Cuturi

Messaggerie Orientali: 'un viaggio' tra gli Amerindi di Flavia Cuturi

E' affidato a Flavia Cuturi il prossimo appuntamento di "Come alla corte di Federico II", che si terrà giovedì 10 maggio, alle 20.30, nell'Aula magna del Centro congressi di via Partenope, 36, a Napoli. L'incontro ha per tema "Messaggerie Orientali. Un viaggio tra gli Amerindi" ed è realizzato in collaborazione con l'Università di Napoli L'Orientale.

Qui di seguito l'intervento della professoressa Cuturi, docente di Antropologia culturale, su "Un omaggio alle popolazioni che hanno cambiato la storia dell'Europa".

La scoperta e la conquista dell'America sono eventi che hanno condizionato i destini del continente europeo esponendo le popolazioni amerindiane a drammatiche conseguenze. La storia delle Americhe è stata sottoposta a un tragico processo di discontinuità marcato da atrocità inflitte a uomini e donne, da stermini volontari, perpetrati dalle armi europee, e inconsapevoli, effetto delle malattie portate dai nuovi arrivati, dai sistematici tentativi di distruzione dei molteplici universi sociali, politici e simbolico-religiosi che reggevano le vite e le coesioni dei popoli "conquistati". L'introduzione nelle Americhe di animali sconosciuti come bovini, ovini, caprini, suini, ecc. ha innescato cambiamenti irreversibili nella flora e nella fauna di sconfinate regioni. Immense ricchezze sono confluite in Europa e in parte dissipate in guerre tra gli stati emergenti. Nuovi cibi hanno salvato dalla fame i poveri, e hanno deliziato i palati dei nobili europei. La colonizzazione ha dato il via alla sperimentazione di nuove forme urbanistiche e assetti politici e sociali, tanto nelle colonie, quanto nella madre-patria, in particolare in Spagna. Le espansioni coloniali hanno riscritto fin dal ‘500 gli equilibri internazionali, coinvolgendo molti stati europei in una corsa contagiosa all'accaparramento di terre altrui da sfruttare. Le colonie hanno rappresentato un'"opportunità" di crescita e diversificazione demografica forse impossibili nell'Europa di allora. Il tracollo demografico degli amerindi, e in molti casi l'estinzione (fino a un migliaio di popolazioni), da un lato, e il crescente sfruttamento delle risorse minerarie e agricole delle loro terre, dall'altro, sono stati all'origine della tratta degli schiavi africani. Il meticciato nelle Americhe, frutto di unioni, consenzienti o violente, con le donne amerindiane e africane, ha innescato perniciose ideologie sull'ordine gerarchico dell'umanità. Per giustificare l'azione coloniale, l'evangelizzazione cristiana con la forza dello zelo universalista, ha attraversato l'Atlantico, facendo della Chiesa cattolica una potenza ecumenica, garante e complice (talvolta pentita), della politica d'espansione delle corone iberiche. In tempi più recenti tale zelo è stato incarnato dalle chiese protestanti.

Ma l'esistenza, viva e attuale, di tante società indigene che, dopo secoli, resistono all'annientamento, anche quando confinate in riserve, negoziando soluzioni dettate dalla propria coscienza identitaria, contraddice chi sostiene che gli amerindiani di oggi siano stati plasmati e piegati dalla colonizzazione europea. Il nostro debito "positivo" nei confronti degli amerindiani è variegato e misconosciuto. Tutti sanno che molti dei cibi consumati giornalmente (pomodori, peperoni e peperoncini, fagioli, zucche, patate, mais, girasole, arachidi, avogado, vaniglia e cioccolata ecc.) provengono dal continente americano. Non tutti, invece, sono consapevoli che le peculiarità culturali e linguistiche delle popolazioni amerindiane hanno operato, sia pur indirettamente, sulle nostre coscienze e conoscenze: si è "messa in moto", infatti, l'oss
ervazione e la riflessione sulla diversità umana, non più vista come segno della degradazione babelica, ma in se stessa, rendendo sempre più marginale e improprio l'uso della Bibbia come riferimento enciclopedico. Storici come Pagden, Gliozzi, Dubois hanno sottolineato come la nascente comparazione empirica sia diventata strumento di indagine per lo studio delle lingue e delle culture umane proprio nel ‘500, aprendo in tal modo i primi timidi spazi al relativismo culturale. Missionari, filosofi, e viaggiatori hanno elaborato teorie negative e positive sulla "natura" degli amerindiani, usate per discettare sulla "natura" umana. Era stato dunque avviato, sia pur con passi incerti, un lungo cammino che, a partire dal riconoscimento della diversità umana ha portato alla nascita di studi sistematici su di essa, come fanno da circa un secolo e mezzo. Tale riconoscimento ha portato all'affermazione dei principi dell'uguaglianza umana e al rispetto nei confronti delle minoranze, spingendo la riflessione giuridica a produrre trattati di diritto internazionale. Nel recente passato sono state elaborate convenzioni internazionali, come la 169 della OIL, ratificate oramai da innumerevoli stati. Con tutto ciò le popolazioni native e minoritarie, dovunque, e non solo delle Americhe, continuano a essere esposte a ogni genere di soprusi, anche se oggi, esse, possono sempre avvalersi, per difendersi, proprio delle convenzioni internazionali firmate dai loro stati di appartenenza, che dovrebbero garantire loro l'autodeterminazione.
Ma è per difetto che dobbiamo guardare a questi "progressi" di ritorno, tenui atti riparatori di un torto che spesso, anziché scomparire, si sta invece rigenerando in nuove subdole forme di colonialismo, legate alla gola profonda dei "bisogni" del mondo industriale e finanziario, dei suoi dogmi consumistici, ormai ecumenici.

Flavia Cuturi
Professore di Antropologia culturale
Università degli Studi di Napoli L'Orientale


Redazione

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