'L'Odio' di Mathieu Kassovitz

"La Haine", o rendendo il tutto in lingua italica, "l'Odio" è un film del 1995 scritto e diretto da Mathieu Kassovitz, vincitore del premio per la miglior regia al 48º Festival di Cannes, lo stesso anno.
La pellicola verrà proiettata giovedì 17 novembre alle ore 15, presso la Facoltà di Giurisprudenza della Federico II, aula 28 in via Porta di Massa nell'ambito del cineforum tematico "Cinema & Novecento. Vita, Storia, Diritto". Il cineforum è riservato ai soli studenti iscritti e a titolo del tutto gratuito.
Con la proiezione di "L'Odio" siamo giunti al penultimo appuntamento per la stagione 2010/2011 di "Cinema & Novecento. Vita, Storia, Diritto".
Il film prende spunto dal fatto reale dell'uccisione di un ragazzo delle banlieue parigine da parte della polizia. Nella versione originale francese, i dialoghi del film sono in "verlan", un tipico gergo parigino, che consiste nell'inversione delle sillabe di una parola per crearne una nuova.
Il film narra le vicende di tre ragazzi delle banlieue di Parigi durante gli scontri provocati dopo le accuse di pestaggio da parte della polizia nei confronti di un ragazzo del ghetto, tale Abdel.
I giovani della banlieu scendono in strada e si battono tutta la notte con gli agenti. Tra loro ci sono tre amici: l'ebreo Vinz, il maghrebino Said e il nero Hubert, un trio disoccupati, arrabbiati e senza futuro. La giornata dei tre giovani ha inizio quando Vinz (intepretato da Vincent Cassel), che ha trovato una pistola d'ordinanza persa da uno sbirro durante gli scontri, decide di usarla. Per l'appunto la pellicola racconta, con precisi riferimenti cronologici, il giorno e la notte successive ai tumulti.
Dopo aver esordito con il film "Metisse" del 1993 il regista Mathieu Kassovitz per un certo verso si ripete per consolidare uno stile che lo possa far definire dalla critica come lo Spike Lee di Francia.
Stimolato dal tema delle differenze, soprattutto culturali, il regista scende fra i sobborghi di una Parigi ribelle ed infuriata, alternativa e affascinante ma al tempo stesso rancorosa e superba, per descrivere una più ampia condizione della società ed alla quale nessuno è più estraneo.
Il destino del mondo e della ville Lumière è il "conflitto" sembra voler dire il regista, e quando parla di conflitto lo descrive come intangibile dai contrasti sociali. L'odio sociale si diffonde nella vita ordinaria intaccando ogni meccanismo. I protagonisti non parlano, urlano tutto quello che hanno dentro, fanno a botte in uno "spazio sociale" senza confini effettivi (la città stessa) ordinato secondo regole capovolte.
La pellicola non si limita ad assistere e descrivere, ma tende costantemente a partecipare: non un film "per", ma un film "contro". Il tutto contornato da uno stile di ripresa "nervoso",senza fronzoli, ma è anche uno sguardo al mondo inflessibile, maturo ma anche disincantato: appartiene ad uno dei personaggi, Hubert, ma è soprattutto quello, senza orpelli, della gioventù urbana transalpina. (C.Crispino)
Per informazioni:
Facoltà di Giurisprudenza - aula 28 - via Porta di Massa, 32 - Napoli
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