La crisi finanziaria e le banche: emergenza e sostegno alla crescita

La crisi finanziaria e la recessione che ad essa è seguita hanno prodotto grandi cambiamenti nel quadro internazionale. In un contesto globale di moderata ripresa, il baricentro della crescita si è spostato verso le economie emergenti: il loro peso sull'import mondiale, che nel 2000 era intorno al 20%, è destinato a più che raddoppiare entro il 2013. Con l'equilibrio economico si sono modificati i rapporti politici: si guarda con crescente attenzione al dialogo tra Cina e Stati Uniti, mentre il G20 si è sostituito al G7 come forum di concertazione internazionale.
Il nostro Paese fatica a tenere il passo della ripresa. Anche se i bilanci evidenziano da parte di molte aziende grandi capacità di reazione, il ritmo del recupero è lento: pesano i tempi lunghi della burocrazia, i ritardi della giustizia civile, l'elevato costo dell'energia, la scarsità delle infrastrutture.

Le banche hanno sostenuto le imprese nell'emergenza. A metà del 2009, l'ABI, il Ministero dell'Economia e le Associazioni degli imprenditori hanno dato vita ad un Avviso comune per la sospensione dei debiti delle piccole e medie imprese: in poco più di un anno e mezzo sono stati sospesi i debiti di 190mila PMI, per un controvalore di 56 miliardi. Con l'avvio della ripresa, gli impieghi a società non finanziarie sono cresciuti in Italia più che nell'Eurozona. Nel Mezzogiorno la dinamica dei prestiti è risultata più vivace della media nazionale, a dimostrazione della capacità degli intermediari di rispondere autonomamente e responsabilmente al fabbisogno di credito proveniente dalle famiglie e dalle imprese del Sud.
Oggi le banche si trovano ad affrontare la sfida posta dall'Accordo di Basilea 3. Sarà necessario più capitale e di qualità più elevata, con possibili conseguenze negative sul costo del credito; aumenterà la selettività nell'allocare i finanziamenti, che saranno destinati ove maggiori sono le probabilità di restituzione e di un equo ritorno economico.

Ma gli effetti restrittivi del nuovo Accordo non saranno permanenti: completato l'aggiustamento, i più elevati livelli di patrimonializzazione renderanno il sistema bancario più stabile e meno rischioso, quindi in grado di raccogliere capitale a costi più bassi. Per questa ragione, la scelta del timing per l'adeguamento ai nuovi minimi assume una rilevanza cruciale: agendo con tempestività, le banche possono contenere l'incertezza, ridurre il rischio e garantirsi maggiore flessibilità strategica.
I cambiamenti in atto nell'economia globale aprono per le imprese italiane grandi opportunità di sviluppo, che chiedono di essere colte. Deve essere recuperato un importante ritardo sul fronte delle infrastrutture. Sono ancora in ampia parte da sfruttare le potenzialità che il Mezzogiorno offre nei comparti del turismo, delle tecnologie, della logistica, delle energie alternative. Occorrono banche grandi, dinamiche, innovative e capaci di progettualità per trasformare queste opportunità in un solido percorso di sviluppo economico e sociale.

Giuseppe Castagna
Direttore Generale Banco di Napoli



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