Le carte della 'follia'

Le carte della 'follia'

Nella stessa mattinata, nella stessa prestigiosa sede, quella della Soprintendenza archivistica campana in Palazzo Marigliano a Napoli vengono presentati due volumi che propongono ciascuno un viaggio, un viaggio molto particolare all'inizio di questa primavera napoletana.

Un libro, il Primo rapporto sugli archivi degli ex ospedali psichiatrici a cura del Gruppo di coordinamento del progetto nazionale Carte da legare, ci fa viaggiare lungo l'intera Penisola alla scoperta dei patrimoni archivistici conservati presso tutte le sedi dei manicomi italiani, ormai dismessi. Il volume, diviso per regioni, è organizzato in schede, una per ciascuna struttura, in cui sono riportate le informazioni (dai recapiti alle consistenze) utili per potersi orientare e per progettare ed organizzare linee di ricerca che non mancheranno di coinvolgere diverse professionalità di studiosi.

L'altro, Folia/follia. Il patrimonio culturale dell'ex ospedale psichiatrico "Leonardo Bianchi" di Napoli, ci conduce in un viaggio all'interno di una specifica di quelle strutture manicomiali. Un viaggio attraverso gli archivi: l'archivio amministrativo, che documenta, ad esempio, l'organizzazione del lavoro o le esigenze di vitto e suppellettili della struttura; l'archivio dei fascicoli personali dei ricoverati, che contengono le cartelle cliniche ma anche le informazioni relative all'autorità che dispose l'internamento o la descrizione del ‘patrimonio' che ciascun ospite portava con sé; l'archivio della biblioteca, che testimonia delle fasi di costituzione del patrimonio librario custodito nella struttura; l'archivio della dismissione, in cui sono raccolte le carte che documentano tutti i passaggi che hanno condotto alla storica chiusura del manicomio e all'altrettanto storica realizzazione di un'assistenza territoriale che fosse la più rispettosa possibile delle persone interessate.

Un viaggio attraverso i tre cataloghi della biblioteca: quello del libro antico, che valorizza il patrimonio bibliotecario precedente la metà del XIX secolo; quello degli oltre mille periodici e quello delle monografie, la gran parte di interesse scientifico ma con una interessante presenza di testi di cultura umanistica, secondo un modello di formazione programmaticamente interdisciplinare.

Un viaggio nell'architettura del manicomio napoletano, che si rivela pienamente come una struttura progettata precipuamente per la propria destinazione asilare.

Per entrambi i volumi non si è trattato solo di un lavoro di recupero e conservazione, che già sarebbe stato di grande valore, bensì di un esperimento, faticosamente riuscito, in cui professionalità differenti (archivisti, bibliotecari, psichiatri, storici, architetti, economisti, informatici) si sono confrontati primariamente sul metodo di lavoro e quindi sulle modalità per realizzarlo in maniera compatibilmente omogenea sull'intero territorio nazionale.

Questi due libri rappresentano, per così dire, le coordinate di orientamento entro cui tutti i ricercatori interessati ai vari, davvero molteplici, aspetti della realtà manicomiale potranno muoversi ed organizzare i propri percorsi di studio.
A chi può interessare la storia dei manicomi? Centocinquanta anni circa di una esperienza di assistenza e segregazione per persone ritenute folli, inserite nella categoria della pericolosità per sé o per gli altri e, nella realtà, con una inimmaginabile f
requenza, semplicemente casualmente dissonanti da quanto veniva, di tempo in tempo, percepito come ‘normale'. Centocinquanta anni circa di lavoro di neurologi, psichiatrici, medici di altre specialità, infermieri, tutti insieme troppo spesso ridotti al rango di secondini, che non di rado hanno profuso energie per sperimentare modalità interattive ottimali con gli ospiti e quanto più frequentemente, purtroppo, hanno semplicemente mantenuto la posizione assegnata loro o finalmente conquistata replicando la modalità di relazione con gli internati come separazione dal contesto che era stata loro consegnata.

Nella realtà il manicomio rappresenta, come più volte e da più voci è stato concordemente sottolineato, un impietoso spaccato della nostra società, a livello sia nazionale che locale. Nelle carte dei manicomi troviamo le storie minime, concrete e quotidiane, di una macrostoria troppo spesso rimossa: si è trattato di un flusso di centinaia di miglia di persone che è transitato in quelle strutture con il proprio carico di umanità sofferente e la propria voglia di riscatto, troppo spesso confermato il primo e delusa la seconda. E pensare che i manicomi nacquero, dopo la Rivoluzione francese, per liberare i folli dai serragli in cui venivano richiusi con i criminali comuni, ma se la follia da problema di ordine pubblico assurse allora alla dignità di malattia, il pazzo non ancora a quella di persona.

In Argentina è di recentissima approvazione una normativa che ricalca in pieno la nostra Legge Basaglia (la n. 180 del 1978); da noi troppo numerose sono diventare le voci che vorrebbero si ritornasse indietro. Il miglior modo per contrastare atteggiamenti ‘nostalgici' è quello di andare, con spirito critico, a studiare le carte, di andare alle fonti delle pratica manicomiale come realmente agìta, così da capire luci e tenebre di un passato ancora così inquietantemente vicino.

Giovanni Villone
Direttore Scientifico dell'Area di Ricerca Bioetica: ambiente, società e salute del Centro Interdipartimentale L.U.P.T. dell'Università degli Studi di Napoli "Federico II"
Presidente del Centro Studi "Antonio D'Errico" per la storia e la pratica della sanità nei suoi risvolti socio-economici e bioetici

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