L'eruzione vesuviana del 1944: ricostruzione degli eventi e percezione

Nel marzo del 1944 il Vesuvio concludeva un ciclo plurisecolare di attività con un'eruzione, prima effusiva e poi esplosiva, della durata di circa dieci giorni. Anche se l'eruzione uccise oltre venti persone e distrusse gli abitati di S. Sebastiano al Vesuvio e Massa di Somma, devastando il territorio intorno al vulcano, le cronache contemporanee, le osservazioni di un testimone d'eccezione come Giuseppe Imbò, allora direttore dell'Osservatorio Vesuviano, e gli studi successivi hanno sottostimato l'intensità di quest'eruzione.
Cosa potrebbe accadere se il Vesuvio riprendesse la sua attività con un evento simile a quello del 1944? E' lecito attendersi dei fenomeni eruttivi relativamente blandi e poco pericolosi? Sono domande che hanno ricevuto risposta in un recente articolo pubblicato sulla rivista edita dalla Cambridge University Press, Geological Magazine, basato su uno studio condotto da due vulcanologi: Claudio Scarpati dell'Università Federico II di Napoli e Paul Cole, attualmente direttore dell'osservatorio vulcanologico di Montserrat (West Indies).
Lo studio vulcanologico ha permesso di quantificare i parametri eruttivi e di classificare il tipo di eruzione. Il volume complessivo di materiali emessi è stato superiore ai 245 milioni di metri cubi; calcoli basati sulla distribuzione dei prodotti vulcanici hanno permesso di stimare l'altezza della colonna eruttiva tra i 16 ed i 22 km. Durante la fase parossistica è stato emesso magma con una portata che ha raggiunto i 107 kg/s.
Le fasi esplosive dell'eruzione del 1944 erano considerate delle stromboliane violente. Appare evidente dai risultati ottenuti e dalle comparazioni con altre eruzioni Vesuviane che i periodi di massima intensità sono stati prodotti da ben più energetiche fasi subpliniane.
La popolazione esposta ad un futuro evento simile a quello del 1944 è raddoppiata in questi ultimi 65 anni e di conseguenza anche il rischio connesso. Se consideriamo le diverse possibili direzioni dei venti che possono guidare la ricaduta dei lapilli e delle ceneri (come abbiamo tutti imparato a nostre spese durante la recente eruzione islandese) la popolazione potenzialmente a rischio raggiunge i 349.000 residenti.
E' infine interessante considerare perché i testimoni dell'epoca hanno percepito quest'eruzione come ‘minore'. A questo proposito è giusto ricordare che Napoli è stata la città italiana più bombardata della II Guerra Mondiale, e che in quel periodo si combatteva la battaglia di Montecassino. In questo contesto, la perdita del raccolto in parte della Piana Campana, le ventisei vittime e la distruzione di piccoli centri abitati a seguito dell'eruzione rappresenta un danno minore rispetto alla mancanza di cibo, la quasi completa distruzione delle aree urbane e la morte di migliaia di civili causati dagli eventi bellici. Forse, questa sottovalutazione della reale intensità dell'eruzione del 1944 è stato il solo atteggiamento possibile di una popolazione che ha sofferto gli effetti di tanti anni di guerra.
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