Vesuvio: nuove evidenze per il rischio dall'eruzione del 79 d.C.

Nel 79 d.C. le vittime investite dai surge piroclastici dell'eruzione che distrusse Pompei e buona parte dell'area vesuviana non perirono dopo una lunga agonia, come sino ad oggi si era ritenuto, ma la morte sopraggiunse istantanea a causa dell'alta temperatura.
Lo rivela uno studio condotto da Pier Paolo Petrone, antropologo, e Fabio Guarino, istologo, dell'Università Federico II di Napoli e da Giuseppe Mastrolorenzo e Lucia Pappalardo, vulcanologi dell'Osservatorio Vesuviano, pubblicato dalla prestigiosa rivista PlosONE. Nell'articolo "Lethal Thermal Impact at the Periphery of Pyroclastic Surges: Evidences at Pompeii" i ricercatori ricostruiscono nei dettagli le modalità della catastrofe e degli effetti causati sulla popolazione residente attorno al vulcano.
Lo studio delle posizioni di più di duecento vittime, tra cui un centinaio di calchi di pompeiani ed altrettante vittime da Ercolano ed Oplontis, comparato con l'analisi delle modificazioni istologiche dell'osso dovute al calore e del DNA e ad esperimenti di laboratorio su ossa esposte a temperature crescenti, hanno rivelato che la popolazione colpita dai flussi piroclastici è morta istantaneamente per effetto di temperature comprese tra i 300 ed i 600 °C. I calchi dei corpi presentano il cosiddetto "cadaveric spasm", una postura assunta dalla vittima solo quando la morte è violenta ed istantanea. Mentre nella prima fase di caduta delle pomici le vittime furono causate dai crolli di tetti e solai, nella fase di collasso della colonna pliniana e di generazione dei surge piroclastici tutte le persone che non erano riuscite ad allontanarsi per tempo dalle città morirono istantaneamente per effetto dell'alta temperatura, anche se erano riparate all'interno di edifici.
Calcoli numerici e simulazioni al computer hanno permesso di valutare spessore e densità della nube, e il tempo impiegato a passare su Pompei, un tempo di poco superiore al minuto. Trattandosi di una nube poco densa, gli effetti meccanici dovevano essere stati trascurabili, mentre il tempo di passaggio della nube – tra 1 e 2 minuti - non era sufficiente per causare soffocamento.
Il risultato più rilevante di questa ricerca è che un evento di tale portata è in grado non solo di devastare una vasta area nel raggio di decine di chilometri attorno al Vesuvio, ma che le temperature dei surge possono essere tali da non consentire la sopravvivenza della popolazione residente nemmeno a distanza e neanche se ci si rifugia dentro le case. Questi nuovi risultati, da considerare tra i possibili scenari per una futura eruzione al Vesuvio, rivelano come in tal caso il rischio potrebbe essere di molto superiore a quanto sino ad oggi ritenuto dagli studiosi e dalla Protezione Civile.
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Per informazioni: Pier Paolo Petrone - Museo di Antropologia - Federico II
via Mezzocannone, 8 - 80134 Napoli - tel. 081.253.52.11
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