Noè, la colomba e gli uccelli esploratori

Noè, la colomba e gli uccelli esploratori

Numerose ed antiche testimonianze documentano che i naviganti, durante i lunghi viaggi a mare di esplorazione e colonizzazione ed in assenza delle attuali tecnologie, osservavano con attenzione il volo degli uccelli per avere informazioni sulla presenza più o meno vicina della terraferma.

Plinio il vecchio, nella sua Naturalis Historia, ricorda che nell'Oceano Indiano, alla latitudine dell'attuale isola di Ceylon, i marinai erano soliti portare a bordo delle navi un certo numero di uccelli che rilasciavano periodicamente per seguirne il volo. Questo perché i volatili, salendo di quota e volando in tutte le direzioni, hanno una maggiore possibilità di scorgere la terraferma anche da grande distanza: se ritornavano a bordo, la terra era ancora lontana, se si allontanavano definitivamente, la direzione prescelta indicava la via per raggiungere la terra più vicina.

La testimonianza di questa pratica si conserva nella tradizione biblica nel celebre episodio in cui Noè, al termine del diluvio universale, lasciò uscire dall'Arca prima un corvo e poi una colomba per verificare se le acque si fossero ritirate. Al primo tentativo, il corvo tornò a bordo e così fece anche la colomba perché la terra era ancora sommersa dalle acque.

Dopo sette giorni, Noè fece uscire ancora la colomba che tornò col ramoscello di ulivo, segno che le acque si erano ritirate; dopo altri sette giorni, avendola nuovamente inviata, la colomba non ritornò più testimoniando così che la terra poteva essere nuovamente abitata.



Redazione

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