Maya Evans: in giro per il mondo a caccia di cervelli

Maya Evans, americana, ex insegnante di spagnolo, gira tutto il mondo come "international education consultant". Oltre ad essere una promotrice dell'università americana all'estero, si occupa, in sostanza, di reclutare gli studenti stranieri in tutto il mondo e di portarli a studiare in America. Una "cacciatrice di cervelli", insomma, sempre alla ricerca di teste pensanti che vogliano andare a compiere i percorsi di graduate (masters) o di post graduate (dottorati) negli States.
Mercoledì 18 marzo, Maya Evans è stata invitata in Ateneo a tenere una lezione dal titolo "Internationalization. Trends and current North American models" (in allegato le slide della lezione) nella quale ha delineato i modelli di successo del suo Paese ma ha anche dato alla nostra università utili consigli di "intercultural training".
L'attrazione del sistema universitario e della ricerca americana è di lunga data ed è dovuta, principalmente, al capitolo delle risorse.
"I finanziamenti di cui l'università americana gode sono notevoli. Ma non bisogna pensare solo ai legami con le industrie e con le Fondazioni che supportano economicamente le università – spiega Evans – La ricerca americana riceve anche notevoli finanziamenti pubblici, dal Dipartimento di Stato americano che presta molta attenzione anche alla questione degli studenti stranieri, con ricche borse di studio. Una fra tutte, la Fulbright, rivolta agli italiani che vogliano andare in America. Per cui, oggi, negli States non sono solo le università private ad attrarre ma anche quelle pubbliche come, ad esempio, Berkeley in California. Una situazione destinata a migliorare ancora vista l'attenzione del nuovo presidente ai temi della ricerca".
All'ottavo posto come paese per numero di ricercatori inviati a studiare in America, secondo i dati della consulente americana, l'Italia manda negli Stati Uniti il 3% di tutti i ricercatori presenti sul territorio, più di Spagna e Regno Unito. Ai primi posti Cina, India e Corea. Con una differenza però notevole rispetto a questi paesi.
"L'Italia manda numerosi ricercatori all'estero. Il gruppo più nutrito è quello che proviene da Cina, India, Corea. Ma, tra l'Italia e questi paesi c'è una notevole differenza: i ricercatori cinesi e indiani vengono in America per acquisire competenze e riportarle nel paese di origine – ci spiega Maya Evans – Vengono per prendere conoscenza ma poi tornano al loro paese. Gli italiani ci restano. E questo è dovuto al fatto di trovarci di fronte paesi in diverse fasi di sviluppo. Nei paesi in via di sviluppo i ricercatori tornano e mettono al servizio della crescita del proprio Paese le competenze acquisite all'estero. Ulteriori ostacoli a rimanere per loro sono il clima e le contingenze politiche successive all'11 settembre che ha visto un intensificarsi di controlli spesso scoraggianti a restare in America. E su questo bisognerà vedere come la nuova via della politica americana si comporterà in termini di politiche di sicurezza".
Quali sono gli italiani più richiesti all'estero?
"Sono sicuramente i campi delle scienze matematiche, della biomedicina, della bioingegneria, della fisica, quelli ovvero nei quali l'Italia è all'avanguardia, a rappresentare una maggiore attrattiva per le nostre università. Napoli, nello specifico, è una citt&agra
ve; conosciuta all'estero come avanguardia nell'ingegneria aerospaziale, nella vulcanologia e nella geologia, innanzitutto, ma anche le scienze, l'economia gestionale, le aree umanistiche sono riconosciute come aree di competenza".
Qual è il valore aggiunto che studenti e ricercatori stranieri portano in America?
"Innanzitutto, cosa che di solito non si valuta o non si dice, rappresentano un importantissimo apporto all'economia del paese. Un contributo da non sottovalutare, visto che si parla di migliaia di studenti di master, ricercatori, ma anche di studenti stagionali che ogni anno si recano a imparare l'inglese. Non secondario è, ovviamente, il forte impatto sul progresso e la tecnologia del paese".
Cosa dovrebbe e potrebbe fare l'Italia e Napoli per migliorare la capacità di attrarre studenti stranieri?
"Napoli è già brava ad attrarli. Il problema, però, sta nel modo di percepirsi: deve imparare a percepire se stessa diversamente, capire qual è il campo di attrazione della nostra città sull'Europa, innanzitutto, e spingere su questa. Capire la propria forza e valorizzare i propri punti di attrazione, fare maggiore attività di marketing e spingere sulle eccellenze sono i punti di partenza. Inoltre bisogna rafforzare i rapporti tra università e piccole imprese che a Napoli già ci sono ma che si conoscono poco".
E per chi vuole andare a studiare all'estero quali sono i consigli?
"Il ricercatore che vuole studiare all'estero già sa che fare e come muoversi, già conosce i centri migliori all'estero nel suo campo di studio. Cosa che non può mancare è l'inglese: parlarlo bene è davvero fondamentale". (A.M.)
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