Antibiotici dallo zucchero contro aids cancro e infezioni

Produrre farmaci utilizzando i carboidrati, cioè molecole naturali conosciute come alimenti, è una pratica già nota da anni: gli aminoglicosidi sono una classe di antibiotici a base di carboidrati il cui uso prolungato ha generano però microbi resistenti.
Ed ecco la novità. Le nuove conoscenze sviluppate, permettono di produrre aminoglicosidi modificati da usare come antibiotici di nuova generazione. Una "nuova generazione" che presenta diversi vantaggi. Questi antibiotici sono infatti multipotenti, aggirano la resistenza acquisita da diversi ceppi patogeni per gli antibiotici convenzionali e possono intervenire nel "porre un freno" all'avanzata di infezioni particolarmente aggressive. In più non sono tossici, quindi risultano meglio accettati e tollerati dall'organismo, in quanto sono stati deprivati dei fattori nocivi.
Ne esiste poi un altro tipo. Una nuova generazione di farmaci a base di carboidrati basata su molecole che mimano i bersagli naturali di virus e batteri presenti sulla superficie delle cellule dell'organismo. Questi farmaci, quindi, non "aggrediscono" i batteri bensì li "depistano", li mettono fuori strada.
A rendere possibile quest'utilizzo "avanguardistico", ci pensa il team, coordinato da Marco Moracci, dell'Istituto di Biochimica delle Proteine (Ibp), diretto da Mosè Rossi. Sono loro infatti ad essere impegnati in una ricerca che mira a trovare sistemi innovativi ed efficaci per la sintesi dei carboidrati. Una sintesi basata sull'utilizzo di enzimi estratti da organismi termofili, che vengono opportunamente modificati.
Un progetto che vede coinvolte collaborazioni illustri a livello internazionale. I Dipartimenti di Biologia Strutturale e Funzionale e di Chimica Organica e Biologica della Federico II di Napoli, il Cnr di Marsiglia, l'Università di Copenhagen, l'Ateneo di York e la società Cpc Biotech come intermediaria. Si tratta di una ricerca che fa parte di un'importante branca delle scienze della vita, la cosiddetta "glicobiologia", una disciplina che studia la struttura, la biosintesi e la biologia dei carboidrati nei viventi. Lo scopo è di riuscire a sviluppare sia tecnologia che applicazioni, come molecole in grado di funzionare da vere e proprie "trappole" chimiche, capaci di indurre batteri e virus a "legarsi" agli elementi "sbagliati", cioè a zuccheri sintetizzati "su misura", così da impedir loro di aderire alle cellule e debellare le infezioni sul nascere.
Questi zuccheri si legano sulla superficie del batterio ed impediscono a quest'ultimo di attaccarsi alla superficie della cellula, evitando che produca un danno. In questo modo, secondo la spiegazione degli addetti ai lavori, il batterio reagisce "a vuoto" con gli zuccheri sintetizzati in modo specifico e non interagisce con i glucidi e gli elementi vitali della cellula stessa.
In particolare, i carboidrati che vengono opportunamente sintetizzati sono catene di zuccheri (oligosaccaridi) che contengono il fucosio, uno degli otto zuccheri biologici essenziali recentemente riconosciuto come indispensabile per la comunicazione da cellula a cellula. In particolare, sulla superficie di alcune cellule tumorali in metastasi il fucosio aumenta e si ritiene che esso abbia un ruolo nella espansione della malattia. Ecco perchè è fondamentale, anche nella lotta ai tumori, agire proprio sulla sintesi dei cosiddetti "carboidrati fucosilati". Il nostro organismo produce oligosaccaridi contenenti il fucosio attraverso un gran numero di reazioni enzimatiche che generano alcune molecole interme
die prima di produrre lo zucchero completo vero e proprio.
E' qui che interviene il team partenopeo che utilizza un enzima come questo, cioè una proteina in grado di accelerare una reazione chimica, per produrre carboidrati contenenti fucosio. In particolare, l'enzima fucosidasi utilizzato è estratto da alcuni microrganismi, nello specifico il batterio Sulfolobus solfataricus, isolati dalle pozze calde della Solfatara di Pozzuoli, ma purtroppo presenti, allo stato naturale, in piccolissime quantità. Questi microrganismi non solo crescono ad alte temperature, ma, anzi, alle alte temperature riescono a continuare a "lavorare" molto bene, resistendo proprio in quelle condizioni che solitamente denaturano gli enzimi tradizionali.
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