Come capire se la mozzarella di bufala contiene solo latte di bufala?

Ricercatori dell'Istituto di Chimica Biomolecolare del CNR di Pozzuoli hanno individuato un nuovo sistema per distinguere rapidamente e senza possibilità di errore il latte di bufala – unico costituente della celebre mozzarella campana – da quello di altre specie animali.
Ai metodi tradizionali, come la cosiddetta "focalizzazione al punto isoelettrico" che consente di evidenziare la presenza di proteine del latte di mucca, o di un altro animale, in quello di bufala, si aggiunge un ingegnoso e avanzato sistema di riconoscimento del latte, realizzato da tre ricercatori dell'Istituto di Chimica Biomolecolare (ICB) del Consiglio Nazionale delle Ricerche di Pozzuoli, Giuseppina Andreotti, Enrico Trivellone e Andrea Motta, con la collaborazione Raffaele Lamanna dell'INFM (Istituto Nazionale Fisica della Materia) per la parte matematica.
Per legge la vera mozzarella di bufala campana è solo quella prodotta esclusivamente con latte di bufala ( vicenda diossina a parte...), ma può capitare di trovare in commercio prodotti ottenuti con miscele di latte bufalino e vaccino o addirittura con tipi di latte completamente diversi (pecora, capra eccetera).
"Ma noi – spiega Andrea Motta, uno dei ricercatori del CNR autori di questo nuovo metodo – abbiamo condotto il nostro studio basandoci su principi analitici completamente diversi e per questo ci siamo indirizzati verso la risonanza magnetica nucleare (NMR) e l'analisi statistica dei suoi dati. L'NMR consente infatti di ottenere un'informazione rapida e completa con poche manipolazioni chimiche".
Il meccanismo ruota intorno all'analisi dei trigliceridi - elementi comuni a tutti i tipi di latte e da questo facilmente estraibili - i quali una volta sciolti in appositi solventi e analizzati con l'NMR permettono di distinguere senza ombra di dubbio la specie animale da cui proviene il latte.
"Il metodo per la distinzione del latte – precisano i ricercatori dell'ICB-CNR – va naturalmente standardizzato e inserito in un protocollo generale, ma i risultati raggiunti sinora, pubblicati già su due importanti riviste statunitensi del settore (il Journal of Dairy Science e il Journal of American Oil Chemical Society) ci permettono di dire che non si tratta di una… bufala". (c.m.)
Redazione
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