Carlo Verdone: 'Vi racconto quando ero uno studente universitario'

L'Ateneo premia Carlo Verdone con un particolare riconoscimento. Chiamato a inaugurare l'edizione 2007 di Porte Aperte, evento dedicato all'orientamento universitario, l'attore e regista fu intervistato nella sua casa romana dal professore Luciano De Menna, direttore del Softel e responsabile dell'evento, e l'intervista fu proiettata nella giornata inaugurale di Porte Aperte.
Il 16 marzo alle ore 11.30 il regista sarà invece fisicamente alla Facoltà di Medicina e Chirurgia per ricevere quella che lui stesso ha definito "laurea doloris causa", ovvero un riconoscimento per la sua passione e la sua competenza nel campo della medicina. Una preparazione da autodidatta che si è nutrita, come lo stesso regista racconta, di libri seri e che ha trovato stimolo nella sua ormai famosa ipocondria che tante volte i suoi personaggi hanno raccontato attraverso i suoi film.
Riproponiamo uno stralcio dell'intervista del professore De Menna in cui il regista racconta la sua esperienza da studente universitario.
La debbo chiamare dottore perché è il contesto universitario quello in cui siamo. Lei oltre al diploma alla Scuola di Cinematografia è laureato anche in Lettere?
"Sì mi sono laureato nel 1974 in Lettere Moderne all'Università di Roma con una tesi che riguardava l'influenza della letteratura italiana sul cinema muto italiano. Questa tesi è venuta fuori un po' per caso. Tutto il mio piano di studi era incentrato sulla storia delle religioni e soprattutto delle religioni dell'Oriente antico, la mia specialità, visto che avevo già dato quattro esami sul tema. Ma dal ‘72 al ‘74 segui il biennio al Centro Sperimentale di Regia Cinematografia, con la presidenza di Roberto Rossellini. A quel punto abbandonai lo studio della storia delle religioni, sperando di fare qualcosa nel mondo del cinema e mi avvicinai così alla letteratura italiana, cercando di analizzare soprattutto le influenze che ha avuto sul cinema".
Che cosa può raccontare del suo periodo universitario a ragazzi che si orientano alla scelta di una facoltà?
"Quello che ho vissuto io fu un periodo abbastanza travagliato. Ero un universitario negli anni ‘70, gli anni più turbolenti della storia universitaria italiana, con lezioni sospese, assemblee continue, lotte studentesche, scontri tra estrema destra ed estrema sinistra, periodi confusi. Ma devo dire che in mezzo a quella confusione ci fu un buon fermento. In quel periodo ci fu un approccio verso la sperimentazione, verso lo spettacolo teatrale, il cinema, verso le arti figurative e la scrittura molto interessante. Nonostante il caos e l'anarchia generale, da quel periodo sono venute fuori tante teste che oggi lavorano a massimi livelli nel campo della medicina, della cultura, dell'università. Un'epoca confusa ma che ha tirato fuori cervelli intelligenti".
Oggi le università fanno orientamento, cosa che prima non esisteva. Ci occupiamo, ovvero, di aiutare i ragazzi a scegliere coscientemente il proprio percorso universitario. Lei che consigli darebbe a chi si appresta a scegliere un percorso di studi?
"A un futuro studente universitario consiglierei di guardare il mondo dove va. Prestare attenzione alle opportunità offerte dal proprio paese ma anche dall'Europa, dall'America e dall'Australia. Però attenzione, questo &e
grave; un ragionamento che funziona fino a un certo punto perché il consiglio migliore è fare sempre quello che ci si sente di fare. Ad esempio, per quanto riguarda la mia esperienza, io non ero predisposto allo sviluppo di un piano di studi scientifico, non era nel mio DNA. Ho sempre amato la storia, la letteratura, l'antropologia culturale, l'etnologia, la storia delle religioni, quindi se mio padre mi avesse detto di studiare legge, per le maggiori opportunità di lavoro, avrei fatto un gran disastro, non sarei mai stato né un bravo avvocato né un bravo notaio. Perciò il consiglio che do è seguire quello che ci si sente di fare. Seguite innanzitutto quello che vi sentite di fare, cercate di sfruttare al massimo la vostra passione augurandovi di potere restare qui, in Italia. Molti di vi saranno costretti ad andare all'estero alla ricerca di maggiori opportunità. A questo punto farei un appello, una preghiera al governo: diamo più possibilità ai giovani nel nostro Paese. Più li teniamo qui più aumenta la possibilità che l'Italia ha di progredire".
Redazione
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