Gulu: diario di una esperienza di vita

Gulu: diario di una esperienza di vita

Gino Smaldone ed io siamo stati un mese a Gulu, capoluogo del Nord Uganda, per lavorare nella Facoltà di Science Education di questa giovanissima università fondata nel 2002. La nostra Università, da alcuni anni è impegnata in un accordo scientifico-culturale con l'Università di Gulu. I colleghi di Medicina, in primis Luigi Greco, iniziatore del progetto Gulu- Nap Medicina, stanno facendo un grande sforzo per stabilire e radicare una facoltà ed una scuola medica.

Nel Nord Uganda, martoriato dalle malattie, dalla guerra e dalle sue conseguenze nel fisico e nella mente, la prima solidarietà è senza dubbio aiutare la gente a non morire e avere un livello decente di salute. Subito dopo ci sembra che venga l'aiuto alla costruzione di conoscenza, specialmente per le persone giovani; intervenendo per esempio a far partire o migliorare, dove esista, la formazione a livello di scuola e università. Ecco l'origine del progetto Gulu-Nap Educazione Scientifica che nacque da un colloquio col rettore guluano, si è nutrito di un anno e mezzo di interazione a distanza ed è sfociato nel nostro viaggio. Siamo andati per renderci conto della realtà accademica locale; iniziare a formulare una proposta per le agenzie di cooperazione; interagire con colleghi e studenti in attività di laboratorio, corsi, seminari e discussioni.

Per contribuire alla formazione scolastica ed universitaria, abbiamo provato ad inculturarci un po', cercando di studiare/capire storia e costumi locali, sia per modificare i nostri punti di vista (che rischiavano di essere euro-centrici) sia per evitare la trappola malefica dell'imperialismo culturale. Abbiamo studiato la storia complessa dell'Uganda, in particolare del suo Nord, insanguinato da ventanni dalla guerra dei ribelli del Lord Resistance Army che razziano i ragazzi per farne soldati e le ragazze per farne schiave dei militari. Abbiamo letto i giornali ugandesi su Internet, preso contatto con persone che da molti anni vivono a Gulu e conoscono dall'interno le condizioni della regione e del milione di profughi che vivono nei campi IDP (Internally Displaced People), abbiamo fatto moltissime domande agli Acholi (l'etnia più diffusa nel nord) aperti ed espansivi, ed iniziato a imparare aspetti della loro cultura, parole e frasi. Non siamo arrivati a mangiare con loro le termiti o le cavallette, fonti di proteine nobili, ma speriamo che la prossima volta…

L'esperienza diretta di un mese di lavoro lì, fortissima, strenua e segnante, ci ha permesso di cominciare a sentire/capire come poter sviluppare il progetto Gulu-Nap Educazione Scientifica. Abbiamo lavorato con una cinquantina di studenti del triennale Bachelor in Science Education, futuri insegnanti di materie scientifiche delle scuole secondarie, ed i pochissimi docenti giovani del Dipartimento di Fisica in piena immersione (otto ore al giorno), a temperatura equatoriale (spesso era 400 C), con l'energia elettrica che andava e veniva, con mezzi estremamente ridotti, sotto i fastidi provocati dalla profilassi anti-malaria, dormendo nell'accogliente residenza del St. Mary Lacor Hospital dove, spesso, vi sono amici napoletani di Medicina e medici da tutto il mondo che vengono ad aiutare in ospedale.

L'entusiasmo, la volontà, la serietà degli studenti con cui abbiamo lavorato è stato incredibile. Normalmente studiano senza poter accedere a libri di testo (costosissimi e difficilmente reperibili), prendono note in inglese (lingua ufficiale perché in Uganda se ne parlano una sessantina), sono esposti a metodi e prassi formative che consistono essenzialmente in memorizzazione di formule, senza riscontro con la realtà fenomenologica, non fanno attività di laboratorio per mancanza di attrezzature
e materiali di consumo. La partecipazione a misure, analisi dati, esperimenti realizzati con materiali locali a costo nullo/basso e densi di contenuto fisico li ha profondamente coinvolti e resi attivi. Il documentare tutte le loro attività in un portfolio, dove potevano liberamente mettere tutti i materiali che ritenevano interessanti, li ha resi attivi e creativi; un esempio per tutti: hanno realizzato, dopo un solo spunto sperimentale, pendoli con fruttini locali, fibre di corteccia di banano ed un chiodino… con cui non solo hanno potuto finalmente fare misure e rendersi conto di quello che c'è scritto sui testi ma anche hanno vissuto esperienze e metodologie che potranno usare facilmente riproporre ed ampliare nell'insegnare scienza anche nella scuola del più remoto villaggio. Gli studenti sono passati da un iniziale contegno molto formale, di colore britannico-coloniale, ad una relazione molto più spontanea e articolata, anche in virtù del "mango tree question time", il rispondere a tutte le loro domande, spesso all'ombra di un maestoso albero di mango, carico di frutti, dove ci sedevamo per trovar sollievo al caldo intenso.

Era la prima volta che due "muzungu" (come chiamano tutti i non africani), per di più dei due una era donna, lavoravano con loro fianco a fianco per lunghe giornate intense e veloci (senza indulgere alla lentezza dell'African Time) con l'esplicito obiettivo di aiutare a costruire pratiche di pensiero critico e di lavoro scientifico. Negli esami finali, scritti, nessuno ha tentato di copiare, non era compatibile con la loro etica di studenti; la consapevolezza del privilegio di poter studiare era tangibile ….
Come appartenenti alla più antica università di stato dell'Italia noi siamo molto contenti di questa esperienza e della possibilità di partecipare alla costruzione di un luogo di cultura pubblica e laica nel Nord Uganda. C'è molto bisogno di questo in Africa, come nell'Italia di oggi. Vorremmo tornare presto a Gulu, nelle more che il progetto Gulu-Nap Educazione Scientifica dovrà percorrere per essere approvato dalle agenzie di cooperazione.

Poco meno di un anno la "Commission for Africa" ha pubblicato i suoi lavori sotto il titolo emblematico "Our Common Interest" per indicare che il cambiamento delle condizioni di vita e sviluppo di quel continente è interesse comune di tutto il mondo, non solo degli africani (www.commissionforafrica.org).
La parola UBUNTU delle lingue Bantu in Africa equatoriale è tenuta in grande valore, vuol dire "far parte di una stessa comunità di umani", con interessi e obiettivi comuni. Sviluppare un senso di UBUNTU oggi è essenziale, non fosse altro che per motivi di ambiente e risorse del nostro pianeta. Come ricercatori e docenti universitari abbiamo possibilità, privilegio e dovere di partecipare a questa impresa. Non è pelosa "solidarietà": questa intensa esperienza ci ha veramente convinti che il progetto Gulu-Nap Educazione Scientifica sarà, anche per la Federico II, una importante occasione di crescita culturale e scientifica.


Elena Sassi e Gino Smaldone
Dip. Scienze Fisiche, Facoltà di Scienze MM.FF.NN.


Redazione

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