Aldo Moro, l'uomo e il politico negli anni 1959-1964

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Lo statista e l'intellettuale. Il dirigente della Fuci, il professore universitario, il costituente, il sottosegretario e ministro, il presidente del Consiglio. Ma in particolare, dal 1959 al 1964, in una fase difficile e cruciale per le sorti della democrazia italiana, il segretario del partito di maggioranza che, con la sua personalità e azione politica, preparò l'apertura ai socialisti, prima di presiedere i governi di centro-sinistra sino al 1968.

Così, a cent'anni dalla nascita, Aldo Moro è stato ricordato il 20 e 21 ottobre nel convegno promosso dai Dipartimenti di Scienze politiche e di Studi umanistici dell'Università degli Studi di Napoli Federico II. La figura di Moro finalmente ‘sganciata' dal rapimento e dall'assassinio nel ‘78 per mano delle Brigate Rosse e analizzata, negli interventi di studiosi di diversa formazione e provenienza e nelle testimonianze di quanti ne condivisero la militanza politica, sotto una luce meno nota soprattutto ai più giovani, presenti in gran numero.

Della stagione di Moro segretario politico della Dc sono stati approfonditi molteplici aspetti: dalla cura dell'unità del partito all'attenzione ai processi di sviluppo e modernizzazione del Paese, dal rilancio della tradizione politica e dell'ispirazione cristiana della Dc alla sua concezione dei rapporti tra Stato e Chiesa, dagli indirizzi di politica economica all'attenzione ai problemi del Mezzogiorno, dall'azione politica nella difficile crisi del 1960 al legame con il pensiero di Sturzo e la lezione politica di De Gasperi, al rapporto con la corrente di Base. Altri contributi hanno riguardato l'atteggiamento verso Moro dei partiti di democrazia laica e di quello comunista, l'opposizione al progetto moroteo dei cattolici Augusto Del Noce e Gianni
Baget Bozzo
, l'intensa attività pubblicistica di Moro e un profilo dell'umanesimo penale nel suo pensiero giuridico.

Accanto agli esiti più rilevanti ‘ l'aggregazione dei socialisti all'area democratica, la nazionalizzazione dell'industria elettrica e la riforma della scuola media ‘ nel corso dei lavori sono emerse la complessità e le difficoltà dall'azione politica sviluppata in quegli anni da Moro, a partire dalle diffidenze che il suo progetto incontrò presso le gerarchie ecclesiastiche e gli iscritti, elettori e comuni cittadini preoccupati che l'apertura a sinistra finisse col favorire l'avvento al potere dei comunisti. A tutti Moro rispondeva con cura precisando e motivando il suo pensiero.

Diversi contributi hanno restituito alcuni tratti del profilo umano di Moro, uomo schivo e riservato, e nondimeno attento alle nuove forme della comunicazione politica, come le tribune televisive che proprio allora esordivano. Il politico pugliese vi partecipò con un linguaggio senza dubbio denso e complesso, ma a torto giudicato involuto e di difficile comprensione. Di Moro, docente di filosofia del diritto e di diritto penale, si è ricordata la dedizione all'attività didattica. Una passione che non venne mai meno, neppure nei momenti di maggiore impegno politico, tanto che il giorno del rapimento, il 16 marzo 1978, sulla sua auto furono trovate le tesi di laurea che i suoi studenti dovevano discutere in quei giorni.

Nella prima giornata, divisa in due sessioni e introdotta dai saluti dei Direttori dei Dipartimenti di Scienze politiche, Marco Musella, e di Studi umanistici, Edoardo Massimilla, sono intervenuti Pierluigi Totaro, Francesco Malgeri, Giuseppe Acocella, Piero Craveri, Paolo Varvaro, Francesco Dandolo, Armando Vittoria.

Nel pomeriggio di giovedì si è svolta la tavola rotonda Aldo Moro e la politica italiana al tempo della Repubblica dei partiti con Matteo Pizzigallo, Francesco Barbagallo, Gerardo Bianco, Francesco Bonini.

Nella seconda giornata sono intervenuti Salvatore Mura, Maria Chiara Mattesini, Michele Affinito, Gennaro M. Barbuto, Biagio Ferraro,  Maurizio Griffo, Alexander Höbel, Rita Ambrosino, Pasquale Troncone. (C.C.)


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