Identificati linfociti che proteggono il pancreas in corso di diabete giovanile

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Il ruolo di una nuova popolazione cellulare coinvolta nella progressione del diabete giovanile è stato identificato da una ricerca scientifica frutto di una collaborazione internazionale. Lo studio è stato condotto da Mario Galgani, ricercatore del Dipartimento di Medicina Molecolare e Biotecnologie Mediche dell'Università di Napoli Federico II, in collaborazione con il Laboratorio di Immunologia dello IEOS-CNR, guidato da Giuseppe Matarese docente del Dipartimento di Medicina Molecolare e Biotecnologie Mediche federiciano e Giuseppina Ruggiero docente del Dipartimento di Scienze Mediche Traslazionali dell'Università di Napoli Federico II. I risultati dello studio sono stati pubblicati sulla prestigiosa rivista Nature Metabolism.

I linfociti sono cellule del sistema immunitario che svolgono un ruolo fondamentale nella protezione dell'organismo dalle infezioni. Così come tali cellule ci proteggono dall'ambiente esterno, esse possono anche, se alterate, attaccare strutture proprie e causare malattie autoimmunitarie, come il diabete giovanile (definito anche diabete di tipo 1). Il diabete giovanile è una malattia che si manifesta prevalentemente nel periodo dell'infanzia. Esso è causato dalla distruzione da parte dei linfociti delle cellule beta del pancreas che producono insulina, un ormone fondamentale per l'ingresso degli zuccheri nei muscoli. Pertanto, gli individui affetti dalla malattia richiedono somministrazioni quotidiane di insulina.

Il team di ricercatori ha individuato un nuovo sottogruppo di linfociti T "protettivi" in grado di proteggere le cellule del pancreas che producono insulina. Analizzando diversi gruppi di bambini affetti dalla malattia, i ricercatori hanno osservato che numerosità e funzione di questi nuovi linfociti T "protettivi" sono ridotte nei bambini affetti da diabete. Lo studio, oltre a chiarire il meccanismo di azione di questi linfociti, ha anche permesso di svelare che la loro frequenza rappresenta un marcatore biologico della progressione del diabete; infatti, si è visto che un alto numero di queste cellule nel sangue dei bambini affetti si associa con una lenta progressione della malattia e con l'assenza di complicanze come la cheto-acidosi diabetica.

Questa ricerca apre la strada a metodologie in grado di condizionare o riparare i difetti di tali linfociti, allo scopo di individuare nuove terapie per curare la malattia.

Il lavoro, che vede coinvolti tra gli altri la dottoressa Sara Bruzzaniti dell'Istituto per l'Endocrinologia e Oncologia Sperimentale (IEOS) del CNR di Napoli, Giuseppe Terrazzano, docente del Dipartimento di Scienze, Università degli Studi di Potenza, la dottoressa Enza Mozzillo e la docentre Adriana Franzese del Dipartimento di Scienze Mediche Traslazionale dell'Università di Napoli Federico II, è stato finanziato principalmente dalla Juvenile Diabetes Research Foundation (JDRF- USA), dall'European Research Council (ERC) e dalla European Foundation for the Study of Diabetes (EFSD).


Redazione

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