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Nuove tracce organiche scoperte su Marte

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Sono state individuate tracce di composti organici associati a solfati in campioni prelevati nel cratere Jezero su Marte. E' questo il risultato di uno studio condotto dal team di ricerca che ha visto la partecipazione di Paola Manini del Dipartimento di Scienze Chimiche dell’Università degli Studi di Napoli Federico II, basato su dati raccolti dallo spettrometro Sherloc a bordo del rover Perseverance della NASA.

Non è possibile escludere che le molecole organiche siano residui derivanti dalla degradazione di materia microbica antica, sebbene l’origine più probabile sia considerata abiotica, più specificamente attraverso reazioni di gas magmatici con ossidi di ferro presenti nelle rocce vulcaniche.
Lo studio, condotto dal team di ricerca guidato da Teresa Fornaro dell’Istituto nazionale di astrofisica (Inaf), è stato pubblicato sulla rivista Nature Astronomy.

La ricerca di molecole organiche su Marte è centrale per capire se il pianeta abbia mai offerto condizioni favorevoli alla vita, ed il cratere Jezero, antica area deltizia che un tempo ospitava un lago e che potrebbe aver avuto un alto potenziale di abitabilità, è oggi uno dei luoghi più interessanti da studiare. Qui, lo strumento Sherloc (Scanning Habitable Environments with Raman and Luminescence for Organics and Chemicals) a bordo del rover Perseverance ha rilevato segnali Raman forti e complessi associati a solfati, in particolare nelle aree denominate Quartier e Pilot Mountain, rispettivamente sul fondo del cratere e sul ventaglio deltizio.

Per verificare l’ipotesi che i segnali osservati fossero effettivamente dovuti a molecole organiche, il team di lavoro ha condotto esperimenti nel Laboratorio di Astrobiologia dell’Inaf a Firenze. Sono stati utilizzati materiali analoghi marziani e strumenti simili a Sherloc, riproducendo processi naturali in condizioni controllate. Questo approccio ha permesso di acquisire un set di dati di riferimento da confrontare con i dati acquisiti in situ, essenziali per interpretare correttamente i complessi segnali provenienti da Marte. Sulla base di queste indagini è stato possibile assegnare le features spettroscopiche rilevate da Perseverance a idrocarburi policiclici aromatici preservati all’interno dei solfati.

Per quanto non sia possibile escludere che queste molecole organiche siano residui derivanti dalla degradazione di materia microbica antica, tuttavia, il rilevamento in rocce vulcaniche suggerisce che gli idrocarburi policiclici aromatici possano essersi formati attraverso processi magmatici e, in seguito, essere stati mobilizzati dall’acqua e intrappolati nei solfati. I fluidi circolanti, comprese possibili acque idrotermali, avrebbero favorito il loro accumulo selettivo e la conservazione nelle rocce del cratere Jezero.

Questi risultati si aggiungono a precedenti evidenze da meteoriti e dal cratere Gale, rafforzando il ruolo dei solfati nella conservazione della materia
organica marziana.

 

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