Le ondate di calore colpiscono sempre più l'Artico settentrionale
Le ondate di calore colpiscono sempre più l'Artico settentrionale
Pozze d'acqua alla base del ghiacciaio, tundra spoglia o con presenza di alcune specie vegetali in fioritura. E’ lo scenario osservato da un team di scienziati, tra cui il federiciano Donato Giovannelli, e descritto in uno studio pubblicato sull’ultimo numero di Nature Communications, durante una spedizione a febbraio 2025 alle isole Svalbard, a metà strada tra la Norvegia continentale e il Polo Nord.
Le ondate di calore che stiamo sperimentando non sono più una prerogativa estiva, ma colpiscono ormai regolarmente anche l'inverno e nell’Artico hanno effetti devastanti con temperature eccezionalmente alte che portano allo scioglimento del manto nevoso che ha sempre caratterizzato il paesaggio invernale di questi luoghi, con ricadute importanti sulla respirazione e sull'attività microbica.
La combinazione di temperature calde e le conseguenti precipitazioni sta radicalmente trasformando il paesaggio dell’arcipelago.
Ciò che si evidenzia è che il fenomeno di disgelo invernale non è solo un’anomalia, ma è indicativo di un ecosistema artico alterato e in rapida evoluzione, influenzato dai cambiamenti climatici indotti dall'uomo.
Di questo passo la neve, a lungo elemento dominante nei paesaggi delle Svalbard, potrebbe presto scomparire: le proiezioni suggeriscono uno scenario in cui la pioggia diventi la forma di precipitazione dominante nell'Artico entro la fine del secolo.
“Non abbiamo fotografato un episodio ma un preciso trend, - sottolinea il professore Giovannelli - e se oggi facciamo sempre più i conti con la crisi climatica anche nel Mediterraneo, che si riscalda fino a 6 gradi oltre la media di stagione, e in generale in Italia, con lo scioglimento dei ghiacciai alpini, è anche per effetto di quanto sta accadendo in Artico. Per questo - aggiunge - occorre che la ricerca scientifica acceleri ma soprattutto è necessaria un'azione politica ambientale per mitigare questi cambiamenti e i loro potenziali effetti sia sugli ecosistemi artici che sui modelli climatici globali”.
(foto: Jacopo Pasotti)
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