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Articolo - Cenni biografici

Federico II

Federico II: l’imperatore medievale svevo ricordato ancor oggi

Sotto la guida di Federico II il Sud d’Italia è stato il luogo delle decisioni, della politica, della scienza e della formazione. Con Federico II è stato possibile pensare ad una realtà in cui l’uomo di potere è affascinato dall’altra parte del mondo, dalla diversità, dalla scoperta del bello e dello sconosciuto, in un’epoca interessata dalle guerre di religione. Federico II, imperatore del Sacro Romano Impero e re di Sicilia, nacque il 26 dicembre 1194 a Jesi (Ancona), nelle attuali Marche e morì a Castelfiorentino (Foggia), in un palazzo di cui rimangono solo i ruderi, nel 1250, a 56 anni e fu sepolto nella cattedrale palermitana.

Appartenne alla dinastia tedesca degli Hohenstaufen, figlio dell’imperatore Enrico VI di Svevia e di Costanza, figlia di Ruggero II d’Altavilla, primo sovrano normanno di Sicilia.
Federico diventò re di Sicilia quando aveva appena 4 anni, nel 1198. Scomparso il padre, fu sotto la tutela della madre e, morta anche Costanza, sotto quella di Papa Innocenzo III.

All’età di 21 anni Federico fu incoronato re di Germania ad Acquisgrana e nel 1220 diventò imperatore con la benedizione di papa Onorio III. Il suo Impero comprendeva buona parte del Centronord d’Italia, dalla Toscana in su, più territori dell’Europa centrale che oggi appartengono – tra gli altri Paesi – a Francia, Svizzera, Belgio, Olanda, Lussemburgo, Austria, Slovenia. Lo Stato della Chiesa spezzava la continuità tra Impero e Regno di Sicilia.

Federico II e la Chiesa. L’Anticristo dei rivali e l’alter Christus dei suoi sostenitori

Sebbene fosse stato protetto da papa Innocenzo III e incoronato imperatore da Onorio III, a Federico II con gli altri pontefici andò malissimo: fu scomunicato in tutto tre volte, due da Gregorio IX e una da Innocenzo IV.

Il suo regno fu principalmente caratterizzato da una forte attività legislativa moralizzatrice e di innovazione artistica e culturale, volta a unificare le terre e i popoli, ma fortemente contrastata dalla Chiesa, di cui il sovrano mise in discussione il potere temporale.

Egli avrebbe voluto imporre, e ci provò ripetutamente, il potere imperiale sulla Chiesa, sottolineando anche la propria investitura divina. I pontefici invece erano intenzionati ad aumentare non solo il potere religioso ma anche quello temporale e quello politico, in base all’idea della subordinazione dell’imperatore e della legittimità ecclesiale del potere. Fu proprio per questo che fu etichettato come l’Anticristo dai rivali e come l’alter Christus dai suoi sostenitori.

Regno di Sicilia

Federico II passò la maggior parte della sua vita in Sicilia. In Germania soggiornò, con varie interruzioni, una decina d’anni, e fece su e giù tra il Mezzogiorno d’Italia e i territori tedeschi almeno sei volte.

La guerra contro i Comuni lombardi alleati con la Santa Sede che durò dal 1212 al 1248 con la sconfitta di Parma segnò il destino dello Svevo, minandone il progetto politico: fu nell’Italia settentrionale che egli perse la sua partita.

Anche nel Regno tedesco lo Svevo non riuscì a subordinare del tutto i principati, il cui potere non poteva essere ostacolato dal sovrano, e continuò a sostenere i principi tedeschi svolgendo una politica opposta rispetto a quella accentratrice perseguita nel Sud Italia.

Nel Regno di Sicilia, invece, la sua corte realizzò un centro culturale all’avanguardia: fondò l’Università di Napoli a indirizzo giuridico (1224), riordinò la Scuola medica di Salerno, promulgò le innovative Costituzioni melfitane, portando a compimento il suo progetto di accentramento monarchico.

Il carisma di Federico II è stato tale che all’indomani della sua morte, il figlio Manfredi, futuro re di Sicilia, in una lettera indirizzata al fratello Corrado IV citava tali parole: “Il sole del mondo si è addormentato, lui che brillava sui popoli, il sole dei giusti, l’asilo della pace”.

Un sapere libero e accessibile. A cuore il bene degli studenti

A Federico II la giurisprudenza stava a cuore più di ogni altra cosa e di questo non fece mistero fin dall’inizio. La cura del diritto era gradita tanto a Dio quanto al sovrano, custode della giustizia. A coloro che erano ferrati in questo campo così importante, agli esperti di diritto, promise, in caso di buona prova, anche particolari ricompense e successi, nonché la possibilità di ascendere alle più alte cariche e di esercitare influenza.

Riferì sui primi passi compiuti nell’acquisizione di rinomati professori e annunciò, inoltre, che si sarebbe preoccupato in ogni modo del bene degli studenti: promise borse di studio per i più dotati, formulò regole chiare e funzionali per la concessione di prestiti agli studenti, indicò il limite massimo per gli affitti, e affidò la determinazione degli affitti stessi a una commissione formata da due cittadini napoletani e due studenti universitari.

È presumibile che il collaboratore di re Manfredi – il cronista chiamato Nicolò di Iamsilla – non avesse del tutto torto quando attribuì a Federico il merito di aver istituito nel proprio Regno tutti i corsi di studio conosciuti, nonché di avere ingaggiato professori provenienti dai paesi più diversi, elogiandolo inoltre per aver dato la possibilità, in misura uguale a studenti poveri e ricchi, di accedere alla philosophia con il conferimento di generosi sussidi.

La prima istituzione laica. Al sovrano spetta il dovere di provvedere alla giustizia dei sudditi

Federico creò la prima università “statale” della storia. Le poche già esistenti si erano costituite nel secolo prima come aggregazioni o corporazioni spontanee di studenti o di maestri in stretta connessione con le cattedrali e dipendevano dalla protezione vescovile. A Napoli, invece, fu creata dal nulla da un re, cioè dal detentore e rappresentante di un potere “pubblico” e “laico”, da uno degli uomini più grandi della terra.

Fu concepita come il fulcro di un articolato sistema, per fornire personale tecnico istruito e fedele a un’amministrazione strutturalmente complessa, con uffici centrali e periferici ben integrati. Al contempo, costituì un dirompente atto di indirizzo ideologico e culturale.

Il piacere di lavorare nell’Università. Docenti e studenti uniti per riprendere le attività

Non mancò di decantare con entusiasmo gli straordinari vantaggi che offriva al suo progetto la Città di Napoli, grazie alla sua posizione e alle sue ricchezze naturali.

Gli speciali vantaggi che la città offriva resero peraltro inevitabile la convocazione personale dei professori, cui lo Svevo offrì condizioni di lavoro attraenti, garantendo prima di tutto un pagamento adeguato.

L’ampia circolare del 1224. La fondazione di un’università secondo la sola volontà del sovrano

Federico II nel giugno o luglio del 1224, attraverso un’ampia circolare, attribuita tradizionalmente a Pier della Vigna, rese nota agli abitanti del Regno di Sicilia, agli esponenti della nobiltà e della Chiesa, al ceto impiegatizio e a tutti i sudditi siciliani, la sua intenzione di fondare un’università.

Ciò che gli assetati di conoscenze non avevano finora trovato in nessun angolo del regno, e che dovevano cercare con grandi fatiche, spese e pericoli in posti lontani, in futuro – sono le sue parole – lo avrebbero potuto comodamente ottenere in quella città, florido luogo d’istruzione nel quale si sarebbero insegnate le discipline più svariate, al più alto livello.

Lictere generales

Bibliografia

Fulvio Delle Donne - 1224, Federico II. La fondazione della più antica università statale della storia - Università degli Studi di Napoli Federico II 2022

Ernst Kantorowicz - Federico II imperatore - Edito da Garzanti 2017

Wolfgang Stürner - Federico II e l’apogeo dell’Impero - Salerno Editrice 2009