Briciole di pane

Villa delle Ginestre (Torre del Greco)

Villa delle Ginestre: il fronte verso il mare

Di Francesca Capano

Villa delle Ginestre rientra nel patrimonio immobiliare dell’Ateneo federiciano dal 1962 dopo varie vicissitudini, che l’avevano vista aggredita dalla speculazione edilizia dilagante in un’area di grande valore paesaggistico alle pendici del Vesuvio tra Torre del Greco e Torre Annunziata. Il nome della villa è chiaramente desunto dalla poesia La Ginestra, scritta, insieme ad altri componimenti, da Giacomo Leopardi, quando soggiornava nella residenza di campagna al tempo di Diego Ferrigni Pisone. Enrichetta Ranieri (moglie di Giuseppe Ferrigni, figlio di Diego) era la sorella di Antonio Ranieri, amico di Leopardi, con il quale il poeta trascorse il suo soggiorno napoletano (1833-1837, anno della morte). I due si trasferirono nell’allora villa Ferrigni per sfuggire al colera del 1836. La casa di campagna sorge sulla collina dei Camaldoli; l’area – oggi nota come contrada Leopardi – è caratterizzata dai depositi di differenti colate laviche, su cui dominavano distese di ginestre che ispirarono il poeta. L’edificio originario fu costruito da Giuseppe Simioli, docente di Teologia presso il Seminario napoletano. Lontana dal frastuono cittadino e in posizione privilegiata per osservare il Vesuvio, la casa fu ereditata dai Ferrigni, poiché una Simioli, Margherita, sposò Diego Ferrigni Pisone. Dai Ferrigni la villa passò in varie mani: Lang, Carafa, De Gevardo, poi acquistata dall’Università degli Studi di Napoli per il suo grande valore culturale. La villa è stata consegnata all’Ente per le Ville Vesuviane nel 2002, dopo un lungo restauro affidato all’Università e alla Soprintendenza. Nel 1997 la residenza era stata ceduta all’Ente, grazie a una convenzione tra l’Università, l’Ente e il Comune di Torre del Greco, facendola rientrare tra le ville del Miglio d’Oro. La residenza oggi, dopo un ultimo restauro, è stata destinata a funzione museale, luogo di eventi culturali prevalentemente legati alla letteratura e all’opera di Leopardi. La semplice costruzione settecentesca originaria era un «cubo bianco d’intonaco nella distesa verde, folta ed ininterrotta sino alla spiaggia lontana». Nel 1907 fu ereditata da Antonio Carafa, che restaurò la piccola residenza. Fu aggiunto il porticato di colonne doriche architravate su tre lati. I lavori, però, conservarono intatta la stanza che aveva ospitato il poeta.

Dal volume "Passeggiando per la Federico II" (seconda edizione aggiornata) a cura di Alessandro Castagnaro - fotografie di Roberto Fellicò - FedOAPress