Palazzo Pecoraro-Albani
Palazzo Pecoraro-Albani
di Alessandro Castagnaro
La sede del Dipartimento di Giurisprudenza in via Porta di Massa è stata intitolata nel 2008 ad Antonio Pecoraro-Albani, preside dal 1986 al 1993, il quale si è impegnato con determinazione affinché il palazzo, di nuova fattura e destinato ad altre attività di carattere polifunzionale, ospitasse e ricompattasse gli studi di Giurisprudenza dislocati in diverse sedi dell’Università.
L’edificio, progettato da Michele Cennamo, professore di Architettura dell’Ateneo federiciano, è stato realizzato tra il 1990 e il 1992 e rappresenta il tredicesimo comparto, ultimo intervento in ordine temporale del Piano di ricostruzione dei quartieri Porto, Mercato e Pendino approvato nel 1946, su progetto guidato e coordinato da Luigi Cosenza.
La nuova sede venne costruita in un’area non interessata dai lavori del risanamento postunitario.
Essa fu pesantemente danneggiata dai bombardamenti della Seconda guerra mondiale, che da allora soffre della carenza di un disegno omogeneo sia del tessuto urbano che delle cortine stradali, caratterizzate da una sorta di puzzle articolato tra edifici ottocenteschi e i palazzi progettati da Luigi Moretti, destinati a uffici universitari.
In questo contesto, Cennamo progetta un’architettura forte e parzialmente dirompente, sia per la sua volumetria che sovrasta notevolmente le preesistenze in altezza, sia per il linguaggio espressivo adottato.
Come è stato notato, il palazzo è formalmente autonomo e rappresentativo, tale da costituire un polo di attrazione e un anello di cucitura dell’intera cortina sul mare.
Un edificio che, alla semplicità di pianta racchiusa in un quadrato scandito da una regolare maglia strutturale di pilastri metallici, contrappone una articolata volumetria caratterizzata da tre diversi corpi di fabbrica: uno quadrato che rappresenta la piastra basamentale, una torre sovrastante in cristallo, ma rafforzata da due cilindri in cemento armato a vista, che riecheggiano le torri bastionate delle antiche mura della città, e un terzo individuato nel prisma trasparente contenente le scale mobili.
Un palazzo fortemente connotato da una tecnologia avanzata, con un’immagine unitaria espressa dalle strutture in acciaio e vetro, dagli ascensori a vista, dalle scale mobili trasparenti e dalla grande volta a botte dal sapore vittoriano.
Pareti inclinate configurano gli spazi destinati alla didattica e un interessante teatrino all’aperto, a una quota intermedia, è destinato a ospitare, con un arredo integrato all’unitarietà del progetto, docenti e discenti nelle fasi di pausa.
Una struttura che, ispirata alle grandi opere dell’architettura high-tech (sviluppata venti anni prima a partire dalle opere di Renzo Piano e Richard Rogers a Parigi e Londra), se dal punto di vista dell’inserimento nel contesto storico-urbano consolidato fa emergere delle perplessità, dal punto di vista funzionale e tecnologico risolve appieno tutte le esigenze legate alla didattica e alla ricerca, a cui una moderna università è chiamata a rispondere.
Dal volume "Passeggiando per la Federico II" (seconda edizione aggiornata) a cura di Alessandro Castagnaro - fotografie di Roberto Fellicò - FedOAPress