Palazzo degli Uffici
Palazzo degli Uffici
Di Gemma Belli
Unica opera di Luigi Moretti (1906-1973) a Napoli, l’edificio in via Marina (1969-1972) è anche uno degli ultimi lavori del talentuoso architetto romano. In questa occasione il progettista è interpellato per elaborare una variante al programma di ricostruzione della via Marittima, area stralciata dal piano regolatore di Luigi Cosenza che, approvato nel 1946, era stato di fatto abbandonato nell’ottobre 1952, dopo varie traversie. Lungo il fronte a mare, il disegno di Moretti prevede, dall’angolo con via Alcide De Gasperi sino all’incrocio con via Nuova Marina, la ripetizione per dodici volte, con lievi varianti, di un unico tipo: un edificio lamellare rastremato verso l’alto e decentrato rispetto a una piastra d’appoggio [ACS, fondo Moretti, 70/276]. Poiché il piano viene progressivamente ridimensionato, l’incarico si riduce gradualmente al progetto di due unità contigue e, infine, a un unico fabbricato, adibito a sede dell’Isveimer (Istituto per lo Sviluppo Economico dell’Italia Meridionale), nato con lo scopo principale di finanziare, con tasso agevolato, la creazione di nuovi impianti industriali o gli ampliamenti per le piccole e medie imprese del Mezzogiorno continentale. Nel 1997, essendo l’Istituto posto in liquidazione dall’anno precedente, l’edificio viene acquisito dall’Ateneo federiciano e destinato a uffici. Il fabbricato si articola in un parallelepipedo compatto, prospiciente via Marina, alto complessivamente nove piani e in due corpi bassi a due livelli, che, in corrispondenza dell’ortogonale via Giulio Cesare Cortese, definiscono una corte aperta con accesso carrabile. Secondo una soluzione memore di quella adottata da Moretti a Roma negli edifici gemelli all’Eur, o nel complesso per uffici a piazzale Flaminio, la torre è caratterizzata da prospetti rivestiti con pannelli di alluminio, di cui era originariamente prevista la bronzatura, rigati dai pilastri sopravanzanti rispetto al filo della facciata, e da nervature in acciaio verniciato a smalto di colore rosso. In sommità, una fascia totalmente priva di aperture marca lo stacco tra architettura e cielo e cita il michelangiolesco insegnamento del “peso in alto”, caro all’architetto. Ma michelangiolesca è, soprattutto, la pensilina in calcestruzzo grezzo (oggi purtroppo incomprensibilmente intonacato e trattato a superficie liscia), alta due piani (quello a livello terreno e un altro sovrastante), che connette i differenti volumi: un episodio architettonico sorprendente, nel quale colonne arboriformi sostengono, e talvolta attraversano, un doppio ordine di tettoie plastiche, aggettanti in misura differente. Così, se da un lato il porticato rammaglia i volumi stereometrici al livello della strada, inverando uno spazio di mediazione tra l’esterno pubblico e la corte dell’edificio, dall’altro si pone come forma plastica che rompe la razionale “ripetizione” dell’impaginato dell’edificio, e offre una differente percezione tattile, rendendo “drammatica” la composizione. I corpi parallelepipedi, con la loro pelle liscia, esemplificano gli insiemi non barocchi della poetica morettiana, fruibili a distanza in una «ripetizione senza fine da manoscritto cinese, o da colonnato greco […] fila interminabile di elementi verticali che ad un certo punto o ti stanchi di vedere, o li hai sufficientemente capiti per non sprecare più tempo a guardarli» (Moretti 1969); la pensilina, invece, esprime quella ricchezza e complessità di fatti coagulati nel tessuto dell’opera che contraddistingue gli insiemi barocchi, la cui lettura complessa risulta possibile solo per successivi apprendimenti, con tempi dilatati ed esasperati per il possesso intellettivo. Si rende, anche in questo caso, evidente come l’architetto non concepisca la forma in astratto, ma sempre in rapporto alla percezione, intendendo il progetto architettonico come prefigurazione delle sensazioni percettive dell’osservatore.
Dal volume "Passeggiando per la Federico II" (seconda edizione aggiornata) a cura di Alessandro Castagnaro - fotografie di Roberto Fellicò - FedOAPress