Briciole di pane

Centro Congressi Partenope

Di Gemma Belli

Al n. 32 di via Partenope – in un contesto paesaggisticamente notevole, a valle di Monte Echia, e a pochi metri dal mare, quasi di fronte al Castel dell’Ovo – sorge il Centro Congressi dell’Ateneo federiciano. Acquisendo uno stabile in via Chiatamone e un altro in via Partenope, nel 1922 l’area era stata individuata dal Regio Istituto Superiore di Scienze Economiche e Commerciali per stabilirvi la propria sede. La sistemazione, tuttavia, si dimostra subito inadeguata e, pertanto, l’Istituto decide di programmare la costruzione di un nuovo fabbricato sul lungomare, destinato poi alla Facoltà di Economia e Commercio. Ottenuto il parere favorevole del Ministero per l’Industria e il Commercio, il progetto è affidato all’ingegnere Carlo Martinez e l’edificio, realizzato dall’impresa Leopoldo De Lieto, è inaugurato, seppure incompleto, nell’ottobre del 1928. Per il suo compimento, quindi, nel 1934 viene bandito un concorso vinto da Roberto Pane (1897-1987), il quale conferisce all’edificio l’aspetto attuale, ridefinendo le facciate e ridisegnando gli interni (1937). Con la sua immagine sobriamente monumentale e la sua geometria simmetrica e bloccata, il palazzo si staglia nella cortina in cui è inserito, eretta in gran parte durante la seconda metà dell’Ottocento, in occasione della colmata a mare di Santa Lucia. Il repertorio formale a cui si riferiscono i prospetti è quello rinascimentale. In particolare, la facciata principale, improntata alla contrapposizione cromatica tra mattoni rossi e marmo chiaro, è suddivisa in tre settori. Il massiccio basamento è interamente rivestito in travertino: aperto nella parte mediana da tre grandi portali, e scandito nelle due laterali da altrettante finestre strombate, esso gioca con l’alternanza tra pieni e vuoti, luci e ombre. Il corpo del fabbricato, alto due piani, è invece caratterizzato dal contrasto tra il rivestimento in laterizio e il travertino delle cornici, delle balaustre e, soprattutto, delle sei paraste che marcano decisamente il centro della composizione. Al di sopra il piano attico, con la teoria di finestre poggiate sulla fascia marcapiano in marmo, segna il coronamento dell’edificio, appena movimentato dal leggero sopravanzamento dei cinque settori centrali. All’interno, l’intervento di Pane si concentra soprattutto sulla realizzazione dell’atrio, dello scalone monumentale, concepito in corrispondenza del cortile centrale, e dell’aula magna. Spazi nei quali il registro linguistico, prevalentemente improntato allo stile Déco, indulge a una maggiore libertà decorativa, e nei quali l’architetto dà prova di una significativa esperienza cromatica, sulla base di preziosi accostamenti e sapienti contrasti. Pur non essendo un esempio di «grandi qualità architettoniche» (De Fusco 2004, 363), l’edificio, convertito in Centro Congressi a partire dal 1998, è interessante perché ricostruisce un tassello dell’attività di Roberto Pane progettista, risultando capace di raccontare il suo rapporto diretto con la materia del costruire e con l’ideazione del nuovo (de Martino 2010, 111), e testimoniando l’adesione dell’architetto alla tendenza neo-storicista, declinata, in questo caso, in forme stilizzate e allusive al linguaggio rinascimentale. Il risultato riecheggia alcune delle opere realizzate negli stessi anni nel Rione Carità, ad esempio da Ferdinando Chiaromonte.

Dal volume "Passeggiando per la Federico II" (seconda edizione aggiornata) a cura di Alessandro Castagnaro - fotografie di Roberto Fellicò - FedOAPress