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Briciole di pane
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Nella cucina di Federico II l'incontro di sapori e culture
Quali erano i cibi presenti sulla tavola dell'imperatore Federico II? In che modo venivano cucinati? I gusti di otto secoli fa corrispondono con i nostri di oggi?
A queste domande hanno dato una risposta Maurizio Bifulco, Ordinario di Storia della Medicina, Università di Napoli Federico II e Fulvio Delle Donne, Ordinario di Letteratura latina medievale e umanistica, Università della Basilicata, attraverso la ricostruzione di un percorso gastronomico guidato dal Liber de coquina: un libro di cucina scritto in latino (ma esistono anche versioni in antico volgare italiano), che pur se risalente alla fine del Duecento, attesta ricette federiciane, giacché si apre con un piatto a base di cavoli verdi che – a quanto si legge – piaceva particolarmente all'imperatore svevo. Si tratta di un manuale di gastronomia "internazionale", nel quale la preparazione culinaria si presenta bilanciata e attenta alla salute. In ciò si ricollega direttamente ai precetti dell'antica Scuola Medica Salernitana, nella quale l'alimentazione e la dietetica sono parte integrante della pratica medica e assumono un ruolo imprescindibile.
Il Liber divide le ricette sulla base degli ingredienti e della tipologia di preparazione. Contrariamente a quanto ci si potrebbe aspettare, non inizia con i cibi tradizionalmente legati alle tavole dei nobili, imbandite con selvaggina, magari arrostita sulla graticola o allo spiedo, cottura più adatta – rispetto al più umile bollito – a esprimere il maschio vigore di chi è avvezzo alla caccia. Comincia, invece, con le più comuni verdure e con i legumi, per proseguire con le carni, prima degli animali domestici, poi di quelli selvatici. Un'altra sezione è dedicata ai derivati degli animali, come il latte e le uova; a seguire tratta dei pesci e, infine, dei piatti compositi. Man mano che si spiegano i diversi modi di cucinare quei cibi, si descrivono anche brodi, salse e dolci.
Sulla mensa dell'imperatore spiccano alcuni piatti che ci sorprendono per la corrispondenza con quelli che ancora oggi si preparano: notevole è la ricetta dei vermicelli alla Genovese (De tria Ianuensi). Notevole è anche la predilezione per la "scapece".
Secondo il racconto di alcuni studiosi, inoltre, nella sua vita Federico fu solito digiunare e mangiare una sola volta al giorno. La pratica del digiuno era in lui indotta non da devozione religiosa o ascetismo, ma dalla volontà di conservare il corpo in salute.
L'importanza di queste tematiche è ancora tutta da approfondire e con buona ragione è ora oggetto di studio anche da parte di un gruppo di lavoro nell'ambito delle celebrazioni per l'ottavo centenario della fondazione dell'Università di Napoli: l'obiettivo è quello di produrre un ricettario federiciano che, con rigore scientifico, analizzi le ricette dell'imperatore, affidandone la rivisitazione a grandi chef stellati.
Maurizio Bifulco, Ordinario di Storia della Medicina, Università di Napoli Federico II
Fulvio Delle Donne, Ordinario di Letteratura latina medievale e umanistica, Università della Basilicata.
Redazione
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