Gli africani siamo noi. Le radici biologiche degli europei

Gli africani siamo noi. Le radici biologiche degli europei

Ci sembra di saperlo da sempre: i neri hanno la musica nel sangue, gli ebrei sono più intelligenti, gli zingari rubano… Ma è proprio
vero?
E, per venire a casa nostra, è proprio vero che i napoletani sono spensierati, i lombardi lavorano duro e i genovesi hanno difficoltà a mettere mano al portafoglio? Viaggiando attraverso i luoghi comuni del razzismo è difficile trovare risposte a queste domande, ma, per fortuna, si possono fare scoperte sorprendenti: la più importante delle quali, forse, è che nell'umanità mai nessuno è riuscito a dimostrare l'esistenza di razze biologiche. Ci hanno provato in tanti, ma ognuno è arrivato a conclusioni diverse: le proposte vanno da due a duecento razze, cosicché ogni catalogo razziale, dal primo, di Linneo, fino a quelli del Novecento, passando per l'opera di grandi naturalisti come Cuvier e Huxley, contraddice tutti gli altri. I sette nani non esistono, ma sappiamo quanti sono e come si chiamano; invece, neanche chi crede all'esistenza delle razze umane è mai riuscito a dire quante e quali siano.

Gli studi recenti sul genoma umano ci hanno spiegato perché: siamo tutti diversi (e basta guardarsi intorno per capirlo), ma nel nostro DNA non ci sono le differenze nette che permettono, in altre specie, di classificare gli individui in gruppi distinti, cioè appunto razze o sottospecie. I nostri gruppi sanguigni, il colore della pelle, e anche la tendenza ad ammalarci, a rispondere al trattamento con i farmaci o a digerire il latte, dipendono da varianti geniche cosmopolite, cioè presenti, a frequenze diverse, in tutti i continenti. Le differenze fra noi sono sfumature all'interno di una variabilità continua nello spazio geografico.

Ma nel DNA c'è molto di più: c'è un messaggio dal passato, trasmessoci dai nostri genitori, e dai loro, e dai genitori dei genitori, che un po' alla volta stiamo imparando a decifrare e ci sta facendo capire meglio la storia dell'umanità: una storia in cui ha prevalso lo scambio e la tendenza ad andare da tutte le parti, tanto che, in soli 60 mila anni, i discendenti di un piccolo gruppo africano hanno colonizzato tutto il pianeta. Gli africani, dunque, siamo noi: quelli con la fronte verticale e il cranio corto, caratteristiche presenti in Africa già 100mila anni fa, quando negli altri continenti c'erano i veri europei, gli uomini di Neandertal, e i veri asiatici, l'Homo erectus, con i loro crani più lunghi e più schiacciati, con la loro struttura fisica più tozza e robusta. Siamo, insomma, i discendenti di un processo migratorio che ha avuto uno straordinario successo, migranti invadenti, che hanno occupato tutto lo spazio disponibile.

Guido Barbujani
Professore di Genetica all'Università degli Studi di Ferrara



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