Arte a cielo aperto a Piazza Plebiscito

Arte a cielo aperto a Piazza Plebiscito

Si chiamava in un altro modo il simbolo della Napoli moderna. Il Largo di Palazzo, che prese il suo nome attuale ( Piazza del Plebiscito) dal plebiscito con cui Napoli nel 1860 ratificò la propria annessione al Regno dei Savoia è stata pedonalizzata dal 1994, è delimitata ad est dalla facciata di Palazzo Reale e ad ovest dallo scenografico portico semicircolare della Chiesa di San Francesco di Paola iniziata da Pietro Bianchi nel 1817.

Una piazza en plein air ricca d'arte. Il "Plebiscito a Napoli" come arte a cielo aperto, senza barriere, senza spiegazioni di alcun genere. Solo arte, contemporanea, concettuale, primitiva, lineare; il tutto a significare qualcosa o a celebrare un evento.

Tradizionalmente ogni anno nel periodo natalizio sono installate al centro della piazza opere per l'appunto d'arte, spesso discusse per la loro eccentricità.

Tra gli artisti che hanno esposto negli ultimi anni si citano Mimmo Paladino, Richard Serra, Rebecca Horn, Luciano Fabro.

Ripercorriamo la storia della piazza più famosa di Napoli sotto il registro squisitamente artistico.

Si parte dal 1995, dalla "Montagna del sale" di Paladino, un'opera di grande impatto scenografico chei napoletani si divertirono a fotografare e a scalare, portando via un pugno di sale benaugurante.

L'evento superò i confini del pubblico specializzato, sedusse i cittadini comuni e catturò l'attenzione dei mass media di tutto il mondo.

Dopo Paladino, per quindici anni, artisti di prestigio sono intervenuti nella piazza della Napoli rinnovata. Si respirava e ci si auspica per il futuro che la sia respiri ancora aria dicultura come risorsa comune per ricostruire un sentimento di appartenenza e di spirito comunitario

A succedersi a Mimmo Paladino, è la volta di Gianni Kounellis che mette in piazza una lunga lastra di metallo sulla quale brillano le fiammelle alimentate da bombole a gas. Sotto i portici di San Francesco sono sospesi 185 vecchi armadi raccolti da rigattieri locali. I napoletani guardano col naso in aria, come se la loro mobilia si fosse improvvisamente librata in alto.

Nel 1997 è Mario Merz che riempie la piazza di rossi tavoli di legno e acciaio e di neon riproducenti una sequenza numerica di Fibonacci.
Nel '98 il protagonista è un esponente dell"Arte Povera", Gilberto Zorio e nel '99 un artista "concettuale" Giulio Paolini. Entrambi portano al Plebiscito opere raffinate, un esempio di come si possa rendere popolare anche l'arte di non facile fruibilità.

Nel 2000, nel nuovo millennio, si torna alla spettacolarità con una enorme tromba di pvc rossa, firmata da Anish Kapoor, alta 32 metri e lunga 51, che entusiasma i napoletani. L'anno successivo è Joseph Kosuth che scrive il suo "ripensare il vero" lungo 150 metri dei portici di San Francesco, con lettere di neon alte sessanta centimetri. Sarà poi Rebecca Horn a scatenare il dibattito tra i napoletani: c'è chi ha amato la raffinata artista amburghese, che si è richiamata alle radici profonde dell'immaginario napoletano, con le sue aureole luminose che illuminavano 333 teschi di bronzo ficcati in terra, e chi invece passava per la piazza facendo gli scongiuri.

Nel 2003 Richard Serra espose un'opera, denominata "Naples".
Quest'ultima rappresentò una spirale, composta, come sempre, in fogli d'acciaio. Oggi è conservata al Museo Guggenheim di Bilbao.

Nel 2006 tocca a Sol Lewitt. L
'opera in questione, "Progressions in a square", progettata da Lewitt nel 1993, fa parte di una serie che porta il titolo più generale di Concrete block structures, strutture in blocchi di cemento.

I recenti lavori di Jan Fabre, "Il ragazzo con la luna e le stelle sulla testa" del 2008 e di Carsten Nicolai con "Pioneer II" datato 2009,  hanno fatto si che di anno in anno Piazza Plebiscito ha raccontato - e continua a raccontare - ai napoletani e al mondo dell'arte una storia che ha saputo intrecciare i territori della collettività con quelli di un binario creativo che, sotto il segno forte e liquido dell'arte, ha aperto e mitigato i margini della piazza per mostrare forme e formule sempre più vivaci e veloci. (C.Crispino)


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