SELFIE di Agostino Ferrente ad Astradoc

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Torna la rassegna ‘AstraDoc - Viaggio nel Cinema del Reale', organizzata da Arci Movie, Parallelo 41 Produzioni, Coinor e Università Federico II con il patrocinio del Comune di Napoli, venerdì 17 gennaio 2020 alle 20.30 al Cinema Academy Astra, con la proiezione del pluripremiato documentario SELFIE di Agostino Ferrente (Francia/Italia, 2019 - 78?), film che ha avuto grande eco non solo in Italia, dopo la presentazione alla Berlinale 2019 e la candidatura agli European Film Awards.

Nel corso della serata, il regista e il cast del film incontreranno il pubblico insieme al curatore di AstraDoc Antonio Borrelli. Inoltre, saranno presenti in sala: Titta Fiore, Presidente della Film Commission Regione Campania, lo sceneggiatore e scrittore Maurizio Braucci, lo scrittore e giornalista Massimiliano Virgilio, lo scrittore Alessio Forgione, e Gianni il padre di Davide Bifolco. L'evento è in collaborazione con UCCA (Unione Circoli Cinematografici Arci) tramite la rassegna nazionale ‘L'Italia che non si vede'.

Estate, Napoli, Rione Traiano. Qui vennero relegati gli sfollati delle baraccopoli di via Marina, rimasti senzatetto dal dopoguerra. Qui, nell'estate del 2014, un sedicenne morì per un errore di persona durante un inseguimento di polizia. Davide, come tanti altri adolescenti cresciuti in quartieri difficili, aveva lasciato la scuola e sognava di diventare calciatore. Girava in motorino senza casco, e mai avrebbe pensato che un'infrazione così diffusa fra i suoi coetanei avrebbe potuto costargli la vita. Anche Alessandro e Pietro hanno 16 anni, vivono al Rione Traiano e sono amici fraterni, diversissimi e complementari. Alessandro è cresciuto in assenza del padre, che dopo la separazione dalla madre si è trasferito altrove e continua a fargli desiderare la sua presenza. Ha lasciato la scuola dopo una lite irrisolta con un'insegnante che pretendeva imparasse a memoria l'Infinito di Leopardi. Ora fa il garzone in un bar, e in particolare è addetto alla consegna a domicilio: con una mano guida il motorino, con l'altra tiene acrobaticamente in equilibrio il vassoio. Guadagna poco, non va in vacanza ma ha un lavoro onesto in un quartiere dove, per i giovani disoccupati, lo spaccio è una sorta di ammortizzatore sociale a cui è facilissimo accedere. Pietro sogna di diventare parrucchiere, ma al momento è disoccupato. Il padre, di mestiere pizzaiolo, ha un ingaggio stagionale fuori città e torna a casa una volta alla settimana. Sua madre è andata in vacanza al mare con gli altri due figli piccoli; lui invece ha deciso di passare l'estate a casa, per fare compagnia al suo migliore amico e liberarsi dei chili di troppo cominciando finalmente una dieta che rinvia da quando, in seguito alla morte di un cugino in un incidente stradale, ha perso il controllo dell'alimentazione. Alessandro e Pietro accettano la proposta di filmarsi con l'iPhone che il regista offre loro perché raccontino in presa diretta il proprio quotidiano, l'amicizia che li lega, lo scenario del quartiere che si svuota nel pieno dell'estate, la tragedia di Davide. L'auto-racconto in ‘video-selfie' di Alessandro e Pietro e degli altri ragazzi che partecipano al casting del film viene alternato con le immagini gelide delle telecamere di sicurezza che sorvegliano le strade del rione, come grandi fratelli indifferenti che fotografano una realtà immutabile. E il quartiere appare nelle immagini dei ragazzi come nella poesia di Leopardi che finalmente Alessandro prova a studiare e a raccontarci: circondato da un muro che esclude la conoscenza di tutto il resto?

Note di regia

"Dopo L'Orchestra di Piazza Vittorio e Le cose belle, avevo giurato di non realizzare più documentari. Avevo sofferto troppo entrando nelle vite delle persone coinvolte: non so fare documentari diversamente, ho bisogno di immergermi a fondo nella realtà che voglio raccontare, fino a diventarne parte. Non so realizzare documentari d'osservazione, raccontare in maniera neutra. No: io sprofondo nella realtà di cui mi innamoro e non voglio più raccontarla, voglio modificarla, ‘ripararla'. Ma poi venni a conoscenza della storia di Davide. Se ne era parlato molto tra giornali e talk show e mi aveva colpito la facilità con cui un ragazzino colpevole solo di avere l'età sbagliata nel momento e nel posto sbagliati, per molti era diventato il colpevole e non la vittima: a poche ore dalla notizia il tritacarne del pregiudizio sociale aveva già sentenziato che si trattava di un potenziale delinquente e che quindi, in fondo, era solo ‘uno in meno'. Gianni Bifolco, il papà di Davide, mi aveva dato appuntamento al Bar Cocco. Gli raccontavo che non volevo realizzare un'inchiesta sulla dinamica dell'accaduto, anche volendo non ne sarei stato capace, volevo piuttosto provare a raccontare il contesto nel quale quella tragedia assurda si era consumata. Per questo mi sarebbe piaciuto incontrare ragazzi del rione che avevano la stessa età di Davide quando era stato ucciso. Era capitato a lui, ma poteva succedere a loro. Volevo che, partendo dalla sua storia, raccontassero se stessi e il proprio universo. Mentre riferivo il mio progetto ci venne incontro l'inserviente del bar, un ragazzino con la faccia magra da adolescente che andava di fretta perché doveva prepararsi per la festa della Madonna dell'Arco. Gli chiesi se gli andava di filmare la cerimonia con il mio smartphone, pregandolo di tenersi sempre nell'inquadratura. Lui accettò e mi colpì perché durante la processione si commosse ma non smise di filmare se stesso tra le lacrime, con la statua della Madonna alle sue spalle.

Il giorno dopo si presentò da me, sempre al bar Cocco, un ragazzo paffutello e con i baffi, che si definiva il migliore amico di Alessandro. Sembrava molto più grande ma giurava di avere anche lui 16 anni. Chiesi ad entrambi di ‘farsi' un provino col mio iPhone in una scuola appena ristrutturata e già in abbandono. Avevo convocato anche altri ragazzi con loro, ai provini, perlopiù amici intimi Davide, oltre ad alcune ragazzine e qualche bambino. Ma era già chiaro: i protagonisti del film sarebbero stati loro due, Alessandro e Pietro. Ho consegnato loro due cellulari, affinché, attraverso l'espediente del selfie ‘responsabilizzato', si annullasse ogni filtro tra loro e il regista (il primo spettatore del film) e i due, privati dell'ansia della prestazione indotta da una telecamera usata da un operatore, si potessero concentrare di più su quello che dicono e fanno. Ma non avevo intenzione di subappaltare, anche solo in parte, la regia del film, non cercavo un documentario ‘partecipato': ho solo chiesto ai miei protagonisti di essere al tempo stesso anche cameraman, col compito di auto-inquadrarsi, da me guidati, guardandosi sempre nel display del cellulare come se fosse uno specchio: in cui rispecchiare sé stessi e il mondo alle loro spalle, così che quello specchio potesse diventare lo schermo cinematografico - per vedere (farci vedere) Alessandro e Pietro che osservano se stessi e il proprio contesto sociale e umano, la loro vita: i quartieri popolari di Napoli sono stati raccontati in lungo e in largo. Anch'io nel mio piccolo l'ho fatto, cercando ‘le cose belle' nascoste tra le rovine dovute frutto del disinteresse delle istituzioni, i fiori che resistono, nonostante tutto. La mia nuova ossessione era raccontare gli sguardi di questi ragazzi, concentrandomi non su quello che vedono, che oramai tutti conosciamo, ma sui loro occhi che guardano"

AGOSTINO FERRENTE

Regista, produttore, direttore artistico. Dopo aver studiato al DAMS di Bologna e aver frequentato ‘Ipotesi Cinema' di Ermanno Olmi, produce e dirige i cortometraggi ‘Poco più della metà di zero' (1993) e ‘Opinioni di un pirla' (1994). In seguito realizza con Giovanni Piperno ‘Intervista a mia madre? (1999) e ‘Il film di Mario' (1999-2001), che ottengono riconoscimenti festivalieri e diventano di piccoli casi in tv. Nel 2001, insieme a una decina di complici, fonda a Roma il gruppo "Apollo 11" che salva lo storico cinema-teatro Apollo dal rischio di diventare sala bingo e con rassegne di cinema, musica e scrittura, diventa uno dei centri di produzione culturale più vivaci della Capitale. Insieme a Mario Tronco degli Avion Travel, crea "L'Orchestra di Piazza Vittorio", una della prime band multietniche al mondo, di cui racconta la nascita con il documentario omonimo, che partecipa a numerosi festival internazionali ottenendo il Nastro D'Argento e il Globo d'Oro della Stampa Estera. Nel 2013 dirige con Giovanni Piperno "Le cose belle", presentato in anteprima alle Giornate degli Autori a Venezia e premiato in numerosi festival italiani e internazionali. Attualmente sta sviluppando il suo primo film di finzione.

AstraDoc prosegue la programmazione il 24 gennaio 2020 con il documentario animato, ANOTHER DAY OF LIFE di Raúl de la Fuente e Damian Nenow (Polonia/Spagna/Germania/Belgio/Ungheria, 2018 -85). Presentato al Festival di Cannes e vincitore dell'European Film Awards per il miglior film d'animazione 2018, il film è tratto dal romanzo omonimo del 1976 del grande reporter polacco Ryszard Kapuściński sulle vicende di un giornalista, ‘Ricardo' (lo stesso Kapuściński), impegnato a testimoniare gli eventi della guerra civile angolana dopo che il Portogallo ha abbandonato la sua colonia. Il film sarà preceduto dalla proiezione del cortometraggio ‘Goodbye Marilyn' (Italia, 2018 - 13?) di Maria Di Razza e da un incontro con l'autrice.

Infine, ultimo appuntamento della programmazione di gennaio, il 31 gennaio altra grande esclusiva con l'anteprima italiana - dopo la presentazione ad ‘Alice nella città' presso la Festa del Cinema di Roma - di LE METAMORFOSI ultimo lavoro di Giuseppe Carrieri (Italia, 2019 - 96), con la voce narrante di Marco D'Amore e prodotto dall'Università IULM di Milano, con Rai Cinema e Natia Docufilm. Un viaggio onirico e post-apocalittico da Napoli a tutta la Campania, con un itinerario a metà tra reale e fantastico, guidato dai testi de ‘Le metamorfosi' del grande Ovidio. Alla serata saranno presenti il regista, il cast e il Rettore dello IULM, nonché giornalista e critico cinematografico, Gianni Canova.

 


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