Nuove speranze per la diagnosi della Microcefalia e della PEHO-like Syndrome

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Nei laboratori del CEINGE, il Centro di Ingegneria Genetica e Biotecnologie Avanzate di Napoli diretto da Franco Salvatore, è nata una nuova speranza per la diagnosi precoce della Microcefalia e della Malattia di PEHO (patologia che causa difetti dello sviluppo del sistema nervoso centrale incluso la Microcefalia, l'atrofia del disco ottico e l'atrofia del cervelletto). La malattia si eredita con mutazioni recessive nel gene umano Prune-1. Purtroppo queste caratteristiche cliniche sono alla base della morte precoce di bambini all'età di 4-6 anni.

Lo sviluppo del cervello è un processo che richiede il controllo delle cellule progenitrici neurali che seguono tre processi consequenziali, la loro proliferazione, la loro migrazione in particolari segmenti della corteccia neurale ed il loro differenziamento in un particolare sub-tipo cellulare neuronale. Qualunque difetto che colpisca uno di questi tre processi produce un danno al corretto sviluppo e funzionamento del cervello. Inoltre studi recenti hanno dimostrato che il citoscheletro cellulare (l'impalcatura che sorregge la cellula) durante la mitosi (divisione cellulare coordinata dall'azione predominante del complesso di proteine dal nome Tubuline) è causa di una serie di difetti o malformazioni cerebrali definite "tubulinopatie" che nel cervello sono associati a difetti di migrazione delle cellule progenitrici, difetti di sviluppo dell'assone e del dendrite (strutture del neurone per la trasmissione degli impulsi alle cellule adiacenti) e danni che inficiano la vitalità dei neuroni stessi. Questi difetti in generale si riassumono nello sviluppo di un cervello di piccole dimensioni "Microcefalia", che produrrà nei primi anni di vita ritardo mentale.

In aggiunta alla Microcefalia alcune famiglie risultano essere affette da encefalopatia progressiva con edema, ipsaritmia e atrofia ottica, una malattia neurodegenerativa rara che appartiene al gruppo delle encefalopatie progressive infantili, definita con il nome di PEHO. La malattia rara con incidenza di circa 1:78.000 affetti alla nascita è generata da alleli del gene Prune-1 con mutazioni nel suo sito catalitico legato alla attività biochimica Polyphosphatasica (PPX/PPase) della proteina Prune 1.

Lo studio ha dimostrato come ciascuna mutazione ereditata nel gene umano Prune-1 recessiva e bi-allelica (in omozigosi), possa generare un aumentata attività biochimica dell'enzima nei neuroni precursori del cervello. Lo studio è stato effettuato su sedici bambini affetti, corrispondenti a 5 famiglie identificate nel mondo (Iran, Stati uniti, Arabia Saudita, Oman e Italia).

Grazie allo studio di un'equipe di ricercatori coordinata da Massimo Zollo, docente di Genetica presso l'Università Federico II di Napoli e "Principal Investigator" del CEINGE, e responsabile dell'Unità "Banca dei Gruppi Rari" presso DAI Medicina Trasfusionale della Azienda Ospedaliera Federico II, sono stati definiti gli effetti delle mutazioni in Prune-1 ereditate in condizioni recessive. Queste mutazioni sono state poi correlate alla funzione nel generare difetti nelle cellule neurali in mitosi, cellule difettose nella loro proliferazione e nel differenziamento neuronale. Questi difetti nelle cellule neurali sono dovuti a uno sbilanco della attività biochimica della proteina stessa e sono causa nei bambini della malattia durante lo sviluppo del sistema nervoso centrale.

"Si tratta del primo lavoro di associazione genetica che dimostra che il gene Prune-1 è causativo della malattia ereditaria e recessiva studiata in famiglie provenienti da varie regioni nel mondo", sostiene il professor Zollo, "Il gene causativo era sconosciuto nonostante la malattia fosse nota da oltre 20 anni. Il gene Prune -1 è stato associato a patologie tumorali (carcinoma al seno) nel 2004 ed era nota la sua alta espressione nel cervello".

Il lavoro di identificazione delle mutazioni, della caratterizzazione clinica/fenotipica e raccolta dei pazienti è stato coordinato dalla Professoressa Emma Beaple e dal Professore Andrew Crosby (Medical Research Wellcome Wolfon Centre, Exeter, UK) che hanno identificato le prime mutazioni nelle prime famiglie presenti in Iran, Arabia Saudita e Oman. Gli aspetti funzionali degli studi sono stati condotti in particolare dalle Dottoresse Veronica Ferrucci e MariaNeve Carotenuto (dottorande SEMM-CEINGE Federico II) utilizzando informazioni molecolari dei pazienti affetti e corrispondenti alle cinque famiglie isolate nel mondo, tra cui anche una famiglia italiana residente in Sicilia. Il Professore Henry Houlden ed il ricercatore Neuropediatra Vincenzo Salpietro presso il Dipartimento di Neuroscienze Molecolari, Istituto UCL di Neurologia di Londra, ed il team dei ricercatori italiani (Profs. Granada, Di Rosa e Burgione, Scuderi dell'Università di Messina e di Enna) hanno seguito clinicamente i pazienti affetti della famiglia italiana definendo gli aspetti clinici, morfologici e funzionali della malattia e la sua progressione. Inoltre gli studi sono stati svolti in collaborazione con i ricercatori del Dipartmento di Scienze Chimiche Università di Napoli Federico II, i Professori Piero Pucci e Angela Duilio, grazie all'aiuto dei collaboratori che hanno messo a punto il saggio biochimico.

I risultati della ricerca hanno implicazioni nel campo medico diagnostico. Sarà possibile effettuare diagnosi precoci della patologia dal momento che è ora noto il gene causativo e sarà quindi possibile procedere ad uno screening delle mutazioni ad oggi note per diagnosticare la presenza di queste in embrione/feto del bambino durante la gravidanza, ed anticipare l'informazione di presenza della mutazione analizzando anche il DNA dei genitori portatori dell'allele mutato. Questo studio ci aiuterà a prevenire la malattia.

Secondo il Professor Zollo "le nostre conoscenze grazie alla caratterizzazione biochimica dell'enzima Prune-1 ci aiuteranno nel prossimo futuro alla scoperta di nuovi inibitori farmacologici adatti alla riduzione della sua attività biochimica che è causa della malattia nei pazienti. Ora sono in essere i primi esperimenti in cellula. Sono state identificate due nuove molecole con potere inibitorio che stanno dando i primi risultati in vitro per inibire l'azione biochimica della proteina mutata nelle cellule dei pazienti affetti in esame. Questi dati ci confortano e danno speranze in futuro per la cura della malattia in fase prenatale".

Il lavoro è stato pubblicato sulla prestigiosa Rivista internazionale "Brain", Oxford, Journal of Neurology.

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