A caccia di sorgenti gamma non identificate

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Alla ricerca di raggi gamma dagli Stati Uniti a Napoli, passando per Cile, Messico e Isole Canarie: questi sono solo alcuni dei luoghi della ricerca di Raffaele D'Abrusco, oggi astrofisico del Dipartimento di Fisica Ettore Pancini dell'Università di Napoli Federico II.  Una ricerca che, proprio in questi giorni, ha portato alla pubblicazione sulle prestigiose riviste Astrophysical Journal e Astronomical Journal degli ultimi due articoli di una serie di lavori che descrivono i risultati di un ampio progetto di ricerca internazionale.

Il programma, iniziato nell'estate del 2011, da un'idea di D'Abrusco e del collega Francesco Massaro ricercatore del programma Rita Levi Montalcini dell'Università di Torino, rapidamente concentrò l'attenzione di molti altri astrofisici entrati poi a far parte di un gruppo di ricerca internazionale coordinato dai due italiani. Utilizzando i dati raccolti da WISE, il telescopio spaziale della NASA che osserva la fredda radiazione infrarossa emessa dalle polveri spaziali, D'Abrusco e Massaro scoprirono che i blazar - i più rari tra i nuclei galattici attivi conosciuti, noti per la loro intensa emissione di raggi gamma - mostravano un particolare comportamento che li rendeva riconoscibili tra tutti gli altri oggetti astronomici. Un comportamento che ritrovarono in molte di quelle sorgenti gamma che venivano continuamente rivelate dal satellite della NASA Fermi e la cui natura rimaneva sostanzialmente ignota. L'idea che si potesse trattare della stessa tipologia di oggetti li indusse ad avviare una vasta campagna osservativa finalizzata a caratterizzare fisicamente il maggior numero possibile di candidati blazar selezionati con il loro nuovo metodo.

Dopo cinque anni e decine di notti di osservazioni con telescopi in Arizona, California, Cile, Isole Canarie e Messico, il team ha scoperto oltre duecento nuovi blazar: buchi neri super massicci che si trovano al centro di grandi galassie ellittiche. Buchi neri che annichilano la materia che vi cade dentro per mero accidente e emettono fasci di radiazione strettamente collimati che, nel caso dei blazar, sono accidentalmente allineati con la direzione in cui si trova la Terra. 

"Nel prossimo futuro – commenta D'Abrusco -  i risultati del progetto ci permetteranno di conoscere sempre più a fondo la natura dell'emissione di altissima energia dei blazar, fino a permetterci di ricavare informazioni cruciali riguardo l'emissione del fondo cosmico nei raggi gamma ed il comportamento della Materia Oscura, l'elemento fondante dell'Universo che finora non è stato osservato direttamente e la cui esistenza può essere dedotta solo dall'effetto gravitazionale che esercita sulla materia visibile. Si ritiene infatti che le particelle che si sospetta possano costituire la materia oscura, decadano emettendo radiazione gamma e, quindi, il fatto che parte del fondo cosmico nel gamma sia spiegabile in termini di emissione da parte dei blazar, riduce di molto il contributo residuo e quindi rende ancora più problematica la caratterizzazione della natura della materia oscura":

Il progetto ha prodotto anche altri interessanti risultati. In particolare, le due studentesse di dottorato, Nuria Alvarez-Crespo dell'Università di Torino e Federica Ricci dell'Università di Roma Tre, hanno scoperto alcuni blazar i cui spettri nella luce visibile cambiano forma con il tempo e due blazar che non hanno emissione nella banda delle radio frequenze, una rarità anche per la classe di sorgenti extra-galattiche più rara che esista.

A.S.


Redazione

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