La giustizia in Dante e nel romanzo noir

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‘La giustizia in Dante e nel romanzo noir. Nel nome di Dante'. Gli scrittori contemporanei rileggono la Divina Commedia. È il tema dell'incontro dedicato al Sommo Poeta promosso e organizzato dall'Università degli Studi di Napoli Federico II e l'AdI - Associazione degli Italianisti.

Lunedì 3 maggio 2021, alle 11, su Youtube per tutti e sulla piattaforma Teams per i federiciani, dall'Aula Magna Storica della Federico II si parlerà della giustizia in Dante con lo scrittore Maurizio de Giovanni, il giudice Alfredo Guardiano, il professore emerito di Letteratura latina Arturo De Vivo e il professore di Filologia della letteratura italiana e direttore del Dipartimento di Studi Umanistici dell'Ateneo napoletano Andrea Mazzucchi. Apre la manifestazione il rettore dell'Università Federico II, Matteo Lorito. Introduce e coordina il professore di Letteratura Italiana Pasquale Sabbatino. Conclude Maurizio de Giovanni con la lettura del canto XXXIII dell'Inferno.

L'iniziativa rientra in F2 Cultura, programma annuale delle attività culturali che l'Università Federico II rivolge al territorio.

Maurizio de Giovanni a F2 RadioLab parla del suo rapporto con Dante e di come la commedia si può leggere anche come un romanzo appassionante ricco di suspence: ‘Con Dante ho un rapporto di filiazione, di costante riferimento culturale. La gran parte di quello che Dante ha scritto è diventato proverbiale, un paradigma del sentimento e della riflessione per ogni italiano. E gli scrittori necessariamente ricalcano il suo discorso di sentimenti, hanno cuna contiguità con le passioni che Dante ha tracciato – sottolinea de Giovanni -. Per diverse avventure che mi hanno poi fatto diventare uno scrittore, Dante l'ho incontrato da ragazzo già prima dello studio scolastico. Ero e sono rimasto un appassionato di letteratura italiana. E volevo comprendere la fonte di tutta la narrativa In Dante c'è tutto come in Shakespeare, in Chaucer, in Basile, nei grandissimi che hanno realizzato opere monumentali, ampie, che raccontano il mondo. E poi Dante ha un rapporto stretto con il genere, con il noir, con il romanzo nero. Lui crea la sospensione del giudizio, un elemento radicale della più moderna narrativa nera'.

‘Ancora oggi, nell'individuare gli scopi del Diritto e dell'attività di chi ha il compito di interpretarlo, non sfuggiamo alla costante ricerca di un punto di equilibrio che nasca dal confronto dialettico tra norme giuridiche e norme morali, la cui separazione affonda le sue radici nel dualismo tra i due "fori", legge di Dio e legge degli uomini, ben presente a Dante, così come le diverse nozioni di giustizia presenti nella cultura altomedievale - spiega il giudice Guardiano -.  Se, come è stato detto, ciò che terrorizza dell'Inferno è la sua "rigida giustizia" (Inf., XXX, 70), vale a dire l'inflessibile interpretazione della legge e l'incapacità di concepire l'eccezione, bisogna chiedersi quali siano oggi le possibili strade da percorrere per non rendere la giustizia terrena un duplicato della giustizia infernale, per tentare una ricomposizione di questa frattura all'interno di una comunità dalla quale provengono richieste di giustizia apparentemente contrapposte'.

'Nel primo trattato del Convivio Dante riconosce che, in quanto fondata sulla razionalità, la virtù più tipica dell'uomo è la giustizia e ricorda, sulla scorta di Cicerone, che qualsiasi comunità per mantenersi coesa ha bisogno di darsi leggi interne - ricorda Andrea Mazzucchi -. Non sarà perciò un caso che anche l'aldilà immaginato dall'esule fiorentino nella  Divina Commedia non solo si configuri come un mondo dominato da leggi e giurisdizioni, ma che al dialettico rapporto tra giustizia, come virtù umana, e giustizia, come attributo divino, siano dedicati i canti XVIII-XX del Paradiso, relativi al cielo di Giove: uno snodo teoreticamente cruciale del poema e proprio per questo affidato ad articolazioni espressive e a un sistema di spettacolari raffigurazioni, che Borges definiva tra le "più memorabili della letteratura occidentale".

 'All'ingresso del secondo cerchio dell'inferno, dove scontano la loro pena i lussuriosi (è il canto V dell'Inferno, il canto di Francesca e di Paolo) Dante colloca Minosse, il mitico re di Creta, famoso per inflessibilità e senso rigoroso della giustizia, che giudica tutti i peccatori e li manda giù nel cerchio che compete alle loro colpe (Inf. V 4-6): Stavvi Minòs orribilmente, e ringhia: / essamina le colpe ne l'intrata; / giudica e manda secondo ch'avvinghia. Il poeta ha seguito il maestro Virgilio, che nell'Eneide, nel solco della Nekuia omerica (Od. XI 568-570), fa di Minosse il severo inquisitore che giudica la vita di quelli che giungono nell'oltretomba (Aen. VI 431-433) - evidenzia Arturo De Vivo -. Eppure, Dante ha trasformato Minosse da giudice di tutti i morti in giudice dei dannati, ne ha deformato la natura, accentuando il contrasto tra la solennità del ruolo e la bestialità grottesca dei tratti fisici. Questa trasformazione dipende certamente dalla cultura medievale dell'autore della Commedia, ma l'invenzione di Dante è sollecitata dalla consapevolezza dell'ambigua complessità del mito di Minosse, in particolare da quella pluralità contraddittoria che trova nella creatività di Ovidio nelle Metamorfosi un testimone autorevole (Met. VII 456-516; VII 1-263), al quale il poeta medievale spesso si ispira'.
 

 

L'evento sarà trasmesso su Youtube e su Teams

 

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