La Reggia di Portici

di Cesare de Seta

  • La scala affrescata dell'ala a mare della Reggia di Portici
    La scala affrescata dell'ala a mare della Reggia di Portici

Con la venuta di Carlo di Borbone a Napoli e con la ricostituzione di un regno indipendente (1734) si verificano le condizioni politiche e culturali favorevoli per avviare importanti interventi urbani finalizzati all'adeguamento della città al ruolo di capitale europea. Il palazzo di Portici rientra nel novero delle iniziative promosse dal giovane e infervorato sovrano nell'ambito di una politica delle grandi opere architettoniche che aspirava a far sì che il patrimonio residenziale della corte napoletana fosse in grado di competere con quello delle grandi monarchie europee di Francia, Spagna ed Austria. Per attuare l'ambizioso programma Carlo chiamerà architetti estranei all'ambiente napoletano, come Canevari, Medrano, Vanvitelli, Fuga, che, affiancandosi ai tecnici locali e poi sostituendoli, porteranno evidenti segni di rinnovamento e aggiornamento nel panorama della tradizione architettonica napoletana di dominante impronta tardo barocca. Nel giro di appena tre lustri (1738-1753) verranno aperti i cantieri per tre grandi residenze reali: Capodimonte, Portici e Caserta . La prima nasce per soddisfare la passione venatoria del Re e sceglie la collina boscosa ma non agevolmente accessibile di Capodimonte, non ha molto successo e viene destinata ad altro uso. L'ultima, più impegnativa, oltre a voler simboleggiare il prestigio della monarchia borbonica, risponde alle esigenze di sicurezza della corte che considera la sede napoletana ormai troppo esposta ad eventuali aggressioni nemiche. Affidata a Luigi Vanvitelli sarà la più grandiosa realizzazione della monarchia borbonica . Quanto alla residenza di Portici, la tradizione vuole che la scelta del luogo in cui edificare la reggia sia stata fatta dalla regina Maria Amalia quando, in seguito ad una tempesta, le imbarcazioni reali, uscite per assistere ad una pesca al tonno, dovettero riparare nella rada del Granatello.

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Dal volume "Il patrimonio architettonico dell'Ateneo Fridericiano" a cura di Arturo Fratta - fotografie di Riccardo Giordano - Arte Tipografica Editrice

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