Residui di carne e latte trovati in ceramiche funerarie del I millennio a.C.

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Il gruppo di lavoro formato da archeologi e ricercatori di Università e Centri di ricerca della Campania, nell'ambito di un rinnovato accordo di collaborazione tra Ricerca e Beni Culturali, con un'azione coordinata di ricostruzione dei contesti sociali delle popolazioni campane preromane, ha utilizzato metodiche chimiche avanzate per risalire alla natura di residui organici pressoché fossilizzati su reperti archeologici. Combinando tecniche analitiche convenzionali e tecniche di proteomica basata sulla spettrometria di massa - metodiche di crescente applicazione in ambito archeologico e forense - i ricercatori hanno stabilito la natura precisa dei residui organici contenuti nelle ceramiche funerarie risalenti alle popolazioni italiche del I millennio a.C. L'analisi dei reperti ha consentito di portare nuova luce su alcuni aspetti della lunga storia delle due principali città della Campania antica, Cuma, colonia greca sulla costa, e Capua, etrusca, poi italica e romana nell'entroterra, sulle rive del Volturno.

Nel percorso espositivo della sezione archeologica del Museo Provinciale Campano di Capua si conserva una ricca collezione di reperti proveniente perlopiù dagli scavi condotti nel corso dell'Ottocento e del primo Novecento nel territorio dell'antica Capua. Alle porte orientali della città, sorgeva una grande area votiva dedicata a una divinità femminile che sovrintendeva al ciclo della vita, dalla nascita alla morte. Fondata già in epoca etrusca, l'area sopravvisse alla conquista italica e fu dismessa solo con la colonizzazione cesariana (I a.C.). Lo scavo di tale santuario ha restituito centinaia di reperti che si conservano in parte presso il Museo. Agli oggetti votivi e di decorazione architettonica dal Fondo Patturelli, si aggiunge una ampia collezione vascolare proveniente dallo scavo della ricca necropoli che circondava l'abitato. Tra essi si segnalano numerosi corredi di epoca campana composti da olle, piatti, vasi per il servizio da vino e oggetti in metallo. Offerte organiche, resti di pasti o parti carnee provenienti da animali macellati nel corso di sacrifici rituali, completavano il tributo dovuto dai vivi ai morti.

Nel Museo Archeologico dei Campi Flegrei di Baia, si conservano, invece, corredi provenienti dallo scavo della necropoli di Cuma, una delle più antiche colonie greche di occidente. Dal periodo geometrico (VIII secolo a.C.), le testimonianze giungono senza soluzione di continuità al periodo romano. È stato accertato che le incrostazioni su piatti verniciati risalenti al IV-III secolo a.C. (reperti A1 e A2), rinvenuti nelle tombe della necropoli italica di Capua, sono costituite da idrossiapatite, il più abbondante minerale di derivazione ossea. L'analisi proteomica ha permesso di accertare che i residui proteici associati con i minerali ossei sono costituiti da collagene bovino. La carne bovina, dunque, veniva depositata nella tomba come offerta votiva al momento dell'inumazione del defunto. Nell'anfora di tipo fenicio di forma insolita rinvenuta nella tomba di una donna, probabilmente una giovane madre, scoperta nella necropoli di Cuma sono state identificate le principali proteine del latte bovino sopravvissuto ai secoli, anche se parzialmente modificate dalle alterazioni chimiche dovute ad oltre 2.500 anni di "insulto" ossidativo dovuto all'aria. Le proteine del latte erano in quantità sufficiente per stabilire, tra l'altro, la presenza delle due varianti genetiche A1 e A2 della b-caseina in quantità paragonabili.

Il sequenziamento dei residui amminoacidici delle proteine ha permesso di stabilire che la variante A1 della b-caseina, che attualmente viene ritenuta responsabile di disordini metabolici, era già presente nell'area del Mediterraneo meridionale nel VII secolo a.C. La letteratura scientifica presume che la comparsa della b-caseina A1 in alcune mandrie nordeuropee sia avvenuta circa 5.000-10.000 anni fa a seguito di una mutazione puntiforme. In particolare, l'amminoacido prolina in posizione 67 nella variante originale A2 è stato sostituito da istidina nella variante A1, che è poi divenuta prevalente a seguito della selezione genetica operata sui bovini nell'ultimo secolo. Sulla base delle testimonianze letteraria (Tacito), si pensava che la diffusione di questa variante nelle regioni mediterranee fosse avvenuta non prima del I secolo d.C., con le migrazioni dei popoli germanici verso sud. La ricerca di latti o formaggi antichi per confermare l'identità della variante ancestrale rimane aperta. Le analisi chimiche sui residui organici hanno svelato che il sistema agropastorale delle popolazioni italiche all'età della Magna Grecia era basato largamente sull'allevamento bovino, nell'ambito di un'economia "mista" di interazione tra agricoltura e allevamento animale. Questo dato suggerisce che a quell'epoca le tecniche agronomiche e zootecniche fossero già significativamente sviluppate, dal momento che l'allevamento dei bovini è più esigente rispetto a quello esclusivamente ovino o caprino.

I risultati dello studio sono stati pubblicati sulla rivista internazionale specializzata Journal of Proteome Research.

 

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